Scritta da: Staff PensieriParole
Pubblicata prima del 01/06/2004
Non c'è parola, in nessun linguaggio umano, capace di consolare le cavie che non sanno il perché della loro morte.
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Non c'è parola, in nessun linguaggio umano, capace di consolare le cavie che non sanno il perché della loro morte.
Il presente mi pareva un'epoca perenne, come una festa di fate.
Ci muovevamo sperduti, come attraverso un fragore prorompente, che ci urtava, ci avvicinava e ci separava, vietandoci d'incontrarci mai.
L'umanità, per propria natura, tende a darsi una spiegazione del mondo, nel quale è nata. E questa è la sua distinzione dalle altre specie. Ogni individuo, pure il meno intelligente e l'infimo dei paria, fino da bambino si dà una qualche spiegazione del mondo. E in quella si adatta a vivere. E senza di quella, cadrebbe nella pazzia.
Non sempre le nuvole offuscano il cielo: a volte lo illuminano.
E allora mi sono guardato negli occhi. Raramente ci si guarda, con se stessi, negli occhi, e pare che in certi casi questo valga per un esercizio estremo. Dicono che, immergendosi allo specchio nei propri occhi - con attenzione cruciale e al tempo stesso con abbandono - si arrivi a distinguere finalmente in fondo alla pupilla l'ultimo Altro, anzi l'unico e vero Sestesso, il centro di ogni esistenza e della nostra, insomma quel punto che avrebbe nome Dio. Invece, nello stagno acquoso dei miei occhi, io non ho scorto altro che la piccola ombra diluita (quasi naufraga) di quel solito niño tardivo che vegeta segregato dentro di me. Sempre il medesimo, con la sua domanda d'amore ormai scaduta e inservibile, ma ostinata fino all'indecenza.
Bisogna sapere che io, per mia sorte, fui sempre di quelli che s'innamorano in modo eccessivo e inguaribile, e dei quali nessuno mai s'innamora.
La camera a gas è l'unico punto di carità nel campo di concentramento.
Solo chi ama conosce. Povero chi non ama.
Vivere senza nessun mestiere è la miglior cosa: magari accontentarsi di mangiare pane solo, purché non sia guadagnato.