Incomprensioni; strana la vita, ognuno di noi scarica sull'altro le proprie responsabilità, la propria inettitudine. Magia del non fare e del non dire: si è quando si vuole, quando c'è impegno e costanza e si rischia di proprio. Ah! Che sollievo ci sarebbe nel vedere la di noi vita solo nella vita degli altri, nel veder la propria vita attraverso una finestra con vetri lustri e un comodo poggiolo e poi poter dire: - è così che si è, è così che si vive -.
Guardo in alto, sono uccelli, fermo lo sguardo e sono foglie: effimera presenza e fissa verità. Calda e vellutata al tatto, merda di uccello si schianta sul mio collo.
Lo spirito del tempo, del tempo è ciò che in esso cova: gronde di mirti ed insapori tulipani. La mordace coscienza ci spinge verso il baratro nascosto, verso il ricordo di un'ave Maria di un sospiro soffuso di un amico mai trovato. La legna che arde mentre respiro è fumo che fugge e mescola patria e mondo. Pochi affetti, poche speranze, poche certezze si mescolano a molti calici. Tempo ristretto, sopra una piana ristretta: non basterebbero duecento anni per viverne uno solo.
Paura: non aver fiducia in sé stessi. Paura di cosa! Di soffrire? Di morire? Di non essere "all'altezza"? Di non riconoscere il canto dal pianto? Paura del confronto e della strada buia, paura di voltarsi e di trovarsi soli; paura di trovarsi e di non credere di averlo fatto. Parlare, tacere, credere di scoprire ciò che non siamo e che vorremmo essere. Paura di essere dimenticati (da chi?). Paura di trovare un amico (sana paura).
È passata un'altra notte, sembra che le cose stiano migliorando; l'aria non attraversa più come una spada le mie narici e la gola assurge ai suoi compiti, anche la voce sembra quella di un tempo e non più un'eco di caverna. Le rose sono venute in casa e si sono aggiustate in un capiente vaso di terracotta distribuendosi in parte nell'aria unitamente all'essenza di un pregnante eucalipto che fluttua in una tiepida tinozza. Questo mi evita il fatto di uscire e di prendere freddo.
Le giornate si susseguono e alitano aria asciutta, la mia salute non ha riguardi e mi lascia madido e fragile; il continuo sbocciare delle rose è un sicuro indizio del tempo che scorre, quel tempo che non conosce cortesie e si rannicchia dietro la siepe; spero che un giorno non troppo lontano, questa si secchi, così da permettere a tutti di vederlo e bastonarlo: io al riguardo ho fermato gli orologi e bruciato i calendari. Ora tutto è immobile in casa mia, intanto che aspetto.
Si può pensare che una stessa cosa possa essere stimata in un modo da una persona e in un altro da una seconda. Il marmo è bianco ma anche rendendolo polvere non può essere trasformato in zucchero; la superbia scaccia i dubbi e rende sculture le persone, lo zucchero rende gustose le bevande e dolce chi lo consuma. Mi è capitato di "grattare" il marmo e di ferirmi alle mani: così ho imparato ad esecrare l'alterigia.
Robespierre predicava sulla "virtù": virtù come anima delle istituzioni e come legame fra i cittadini; virtù come motore della "macchina politica" e come antidoto contro la corruzione del "corpo politico"; virtù, passione per la democrazia, per l'autonomia del popolo. Perché aggiungere altro? Nulla di civile può esistere senza la "virtù". Ma di questi tempi, io penso che un bicchiere di vino ne possa mettere in evidenza abbastanza, alla stregua di un assoluto silenzio.
Persone che continuo ad amare malgrado tutto, sfilano, per loro biasimo, indifferenti nei miei pensieri. Credo, sarebbe meglio se pensassi a qualcos'altro. Tanto loro non lo sapranno mai.
Mugolii e rimproveri avvicinano il corpo alla mente e si schiudono ogni tanto, quando ne hanno tempo e voglia. Steli sottili di un verde che agogna l'indiviso, sopportano la più grande delle intemperie: la noia. Guazzabuglio incontrastato deturpa i lineamenti di visi una volta sorridenti: si faccia della vita quel che si vuole, nessuno è responsabile per sé stesso.