Non fate caso alla mia presenza; passavo per caso da queste parti e mi sono fermato sulla riva. Ho lasciato qualche foglietto arrotolato nel fiume di parole. Magari mi siedo un po', ma non posso rimanere a lungo, devo tornare nella foresta.
Nell'insolito tepore di questa mattina autunnale c'è il sole, disteso tra le foglie. Con i colori della malinconia negli occhi, penso alle colline, dove sono nato, dove i figli crescevano per fare quello che facevano i padri. Poi il mondo è cambiato. Sono stato costretto ad inseguire i serpenti d'asfalto fra le torri di cemento, e ho dovuto lottare duramente per riconquistare una collina. Ora ho una speranza, il desiderio, che i figli possano rimanere, per i loro figli, su questa collina.
Questo è un tempo di cambiamenti. S'intravedono spiragli nella coltre fumogena della decadenza, ma è dura. Siamo così goffi nei vestiti che ci siamo cuciti addosso, e camminiamo con le scarpe lucide per entrare negli schermi che proiettano la felicità. Ma chissà, forse bisogna spogliarsi, anche se è inverno. Sono giorni buoni questi, per sdraiarsi su un lembo di terra, fra i sassi, e forse è ancora possibile vedere il paradiso.
L'estate fermava il tempo nei nostri occhi e ora, che scorre nel fiume dei ricordi, ci ritroviamo a camminare per sentieri immaginari, un po' per abitudine, con la speranza, forse, di ritrovare le orme di quelle emozioni.
Capita, a volte, quando hai vissuto intensamente, di sentire tutto il peso della vita sulle spalle. Ci sono le montagne di fronte a me, e non sento il bisogno di andare oltre. Guardo l'orizzonte con occhi diversi, ora, adagiato sulla terra, come una pietra levigata dal tempo.