Scritta da: il barbaro sognante
"Non si può ripetere il passato". "Non si può ripetere il passato? Ma certo che si può".
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"Non si può ripetere il passato". "Non si può ripetere il passato? Ma certo che si può".
C'era in Gatsby qualcosa di splendido, una sensibilità acuita alle promesse della vita.
Parlò a lungo del passato, e compresi che voleva recuperare qualcosa, forse una qualche idea di se stesso, che era finita nell'amore per Daisy. La sua vita era stata disordinata e confusa da allora, ma se riusciva una sola volta a ritornare a un certo punto di partenza e ricominciare lentamente tutto daccapo, sarebbe riuscito a capire la cosa che cercava... Una notte d'autunno di cinque anni prima stavano camminando con le foglie che cadevano, e arrivarono a un posto dove non c'erano alberi e il marciapiede era bianco per il chiarore lunare. Si fermarono e si voltarono l'uno verso l'altra. Era una notte fresca con quella misteriosa eccitazione che i cambi di stagione creano. Le luci tranquille delle case ronzavano nell'oscurità e c'era un fruscio e un bisbiglio tra le stelle. Con la coda dell'occhio Gatsby vide che gli edifici formavano una scala che saliva fino a un luogo segreto sopra gli alberi – poteva scalarla, se l'avesse fatto da solo, e una volta là, avrebbe potuto succhiare il nettare della vita, ingollare l'incomparabile latte della meraviglia. Il suo cuore battè sempre più forte quando il viso bianco di Daisy si avvicinò al suo. Sapeva che baciando quella ragazza, e unendo per sempre quelle indicibili visioni al mortale respiro di lei, la sua mente non avrebbe più spaziato come quella di un Dio. Perciò aspetto. Ascoltando ancora per un momento il diapason che aveva battuto su una stella. Poi la baciò. Al tocco delle sue labbra, Daisy sbocciò per lui come un fiore e l'incantesimo fu completo. Tuto quello che disse, nonostante lo spaventoso sentimentalismo, mi ricordò qualcosa - un ritmo elusivo, un frammento di parole perdute, che avevo sentito da qualche parte tanto tempo prima. Per un momento una frase cercò di formarsi sulle mie labbra, socchiuse come quelle di un muto, come se stessero lottando con più di un filo d'aria allarmata. Ma non emisero nessun suono, e quello che avevo quasi ricordato diventò inesprimibile per sempre.
O si impara l'educazione in casa propria, diceva Dick, o il mondo la insegna con la frusta, e ci si può far male.
Durante la mia giovinezza ed i miei più vulnerabili anni, mio padre mi ha dato un consiglio che, da quel momento, ripeto sempre nella mia mente.
"Quando stai per criticare qualcuno", mi ha detto, "ricordati che nessuno al mondo ha avuto i vantaggi di cui hai beneficiato tu."
Penso che non c'è nessuna differenza tra gli esseri umani, di intelligenza o razza, così profonda come la differenza tra il malato ed il sano.
La genialità, la versatiltà della follia è parente alla ineluttabilità dell'acqua che filtra attraverso, sopra e intorno ad una diga. È necessario il fronte unito di molte persone per resistere a essa.
A diciotto anni le convinzioni sono le colline da cui ci affacciamo alla vita. A quaranta sono le caverne in cui ci nascondiamo.
Siccome l'eta del jazz ha continuato a vivere nel tempo, a poco a poco è diventata una questione di gioventù. Così che la sua sopravvivenza si può paragonare ad una festa di bambini organizzata dai più anziani.
Un uomo deve imparare molte cose, e quando non è più in grado di imparare diventa uno qualunque.