Giusto e Sbagliato non esistono se il mittente è l'amore. O forse improvvisano un tango nel buio, liberi di toccarsi, di guardarsi, di vivere, morire, l'uno dell'altro, l'uno nell'altro, come la resa violacea della tempera blu alla corte del rosso sulla tavolozza. Perché Amore è giusto ma è anche sbagliato. Amore è nelle piccole cose, a volte in quelle proibite. Amore è passione. È paura. È luce. È Mistero. È paradiso e inferno. È a metà, tra uomo e donna, e a volte sembra sfidare persino l'artificio del tempo.
Non è il tempo forse la preghiera crudele di un Dio che invoca la fine? Di un principio che volge all'inevitabile... Che chiama a sé la morte come fosse un'amante perduta e mai dimenticata. La voce più triste che, soave canta con le parole più dolci. L'infinito che reclama un ultimo secondo d'equilibrio sulla linea del nulla, per poi cadere, solenne nel vuoto... come un ombra nella luce... Chissà, forse sarà più facile, nella penombra raccogliere il segreto, l'intimità della vita.
Quando l'incoscienza è una misura dell'amore forse si è coscienti. L'amore è divino... riporta alle anime immemori la loro natura d'eterno, a un'effimera esistenza offre l'immortalità... Istanti di infinito a illuminare lo spirito. ... l'amore è terreno. Un'estasi adrenalinica che sa di follia. Carezze che strappano la pelle... Sguardi... che disegnano il perimetro del peccato tra i sentieri della carne... Labbra che si perdono sulle labbra... Simbiosi.
A volte la Strada ti parla. Sussurra filastrocche di domani, come una sirena che s'affaccia alla riva dei tuoi pensieri
... e il tuo viaggio è il suo canto il ritmo ubriaco dei tuoi giorni la sua cadenza Sui marciapiedi sgranati affamati di sole Ai vertici pulsanti delle strade, negli angoli frenetici di traiettorie in ritardo Nel caos polifasico della metropoli
Mentre ti immergi fuori dai confini di te stessa e il tuo vagare ti lascia senza fiato, mentre insegui un volto tra le maschere... il tuo.
Fin sulle vette morali ergiamo altisonanti le nostre statue in un inno alla giustizia alla lealtà al senso di civiltà per poi dal basso vederle invecchiare in patinosa storia d'annata e decadere come ruggine di un sogno dannato stanco di riproporsi nel tentativo di volare arginato dal basso.
Una panchina del porto mi da le spalle, in quest'algida mattina novembrina, ma si intravedono marinai sputare sulle barche dei ricchi; mentre i primi si appellano alla carità del mare e lo venerano, quasi come un principale, gli altri lo insultano come uno sguattero e gli vomitano addosso, dopo il festino per la mastoplastica additiva della consorte. Batto le mani all'insolente marinaio dallo sputo nobile, ma il freddo congela anche i rumori.