Scritta da: Elisabetta
Obbedisco.
Composta lunedì 25 aprile 2011
Obbedisco.
Qui si fa l'Italia o si muore.
Proteggere gli animali contro la crudeltà degli uomini, dar loro da mangiare se hanno fame, da bere se hanno sete, correre in loro aiuto se estenuati da fatica o malattia, questa è la più bella virtù del forte verso il debole.
È sempre la storia di Socrate, di Cristo e di Colombo! Ed il mondo rimane sempre preda delle miserabili nullità che lo sanno ingannare.
Siccome negli ultimi momenti della creatura umana, il prete, profittando dello stato spossato in cui si trova il moribondo, e della confusione che sovente vi succede, s'inoltra, e mettendo in opera ogni turpe stratagemma, propaga coll'impostura in cui è maestro, che il defunto compì, pentendosi delle sue credenze passate, ai doveri di cattolico: in conseguenza io dichiaro, che trovandomi in piena ragione oggi, non voglio accettare, in nessun tempo, il ministero odioso, disprezzevole e scellerato d'un prete, che considero atroce nemico del genere umano e dell'Italia in particolare. E che solo in stato di pazzia o di ben crassa ignoranza, io credo possa un individuo raccomandarsi ad un discendente di Torquemada.
La più nociva fra le creature, perché egli, più nessun altro è un ostacolo al progresso umano, alla fratellanza fra gli uomini e dei popoli.
Se sorgesse una società del demonio, che combattesse despoti e preti, mi arruolerei nelle sue file.
Caro Nino, qui si fa l'Italia o si muore.
Un brigante onesto è un mio ideale.