Scritta da: Mariella Buscemi
Si sono rotte le braccia a furia di stringere aria.
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Si sono rotte le braccia a furia di stringere aria.
Macerie color indaco, che le cose sfatte e distrutte hanno il livido delle percosse interne.
Ho un pianto di cose perdute e mai avute che ciò che ho mi è invisibile.
In sospensione, ad inseguire l'ansia del lancio cieco di una moneta senza né testa né croce.
Il mio "no" è l'ottava nota di una scala appesa, posto un gradino prima del rifiuto degli altri.
Forse, la tristezza, nell'ordine del dolore, si muta, ben presto, in spietatezza.
Ci sono condanne così "misericordiose" da mantenermi in vita.
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Mi preferirei all'inferno piuttosto che in quel purgatorio transitorio e sospeso dove, come ripostiglio, vengono ammassati i più. Di paradiso non c'è orizzonte alcuno. Né lo vorrei. Mi tengo le miei piume ammazzate ché la mia "voliera" è un reame.
Sull'altura, ad urlare al mondo: "non mi fai paura"! E l'eco, sardonica, risponde, sempre, con quell'aria di sfida!
E mi ci vorrebbe d'essere un esperto chirurgo per fermare la pelle con punti di sutura puliti e netti a ricamarla. Sono, purtroppo, un macellaio, artista di scempi. Rattoppare visibilmente è il mio mestiere. In ultimo, sono la voce d'inchiostro con cui narro di questi miei tagli. E della tua mano.