E poi aggiunse: - Tu sai che ti voglio bene. E, suo malgrado, Coraline fece segno di sì con la testa. Era vero: l'altra madre le voleva bene. Però la amava come un avaro ama il denaro, o un drago ama l'oro. Negli occhi-bottone dell'altra madre, Coraline vide che lei era una sua proprietà, niente di più. Un animaletto il cui comportamento non la divertiva più.
- Per favore. Come ti chiami? - domandò al gatto. - Senti, io mi chiamo Coraline. Okay? Il gatto sbadigliò lentamente e con attenzione, rivelando una bocca e una lingua di un rosa sorprendente. - I gatti non hanno nome - disse. - No? - No - disse il gatto. - Voi persone avete il nome. E questo perché non sapete chi siete. Noi sappiamo chi siamo, perciò il nome non ci serve.
- Perché quella mi vuole? - domandò Coraline al gatto. - Perché vuole che resti qui con lei? - Vuole qualcosa a cui voler bene, immagino - le rispose il gatto. - Qualcosa che non sia lei stessa. E forse vuole anche qualcosa da mangiare. È difficile stabilirlo, con creature di quel genere.