Scritta da: sagea
in Frasi & Aforismi (Vita)
Voglio che all'uscita delle fabbriche e miniere stia la mia poesia fissa alla terra, all'aria, alla vittoria dell'uomo maltrattato.
Composta domenica 21 agosto 2011
Voglio che all'uscita delle fabbriche e miniere stia la mia poesia fissa alla terra, all'aria, alla vittoria dell'uomo maltrattato.
Amo ciò che di tenace ancora sopravvive nei miei occhi, nelle mie camere abbandonate dove abita la luna, e ragni di mia proprietà, e distruzioni che mi sono care, adoro il mio essere perduto, la mia sostanza imperfetta.
Non sono solo ira e dolore... forza io sono di pietra pensosa, allegria di mani insieme allacciate. Infine, sono libero entro gli esseri. E tra gli esseri, come l'aria vivo, e dalla solitudine assediata esco verso il folto delle battaglie a conquistare gioie indomabili.
Toglimi il pane, se vuoi,
toglimi l'aria, ma
non togliermi il tuo sorriso.
Non togliermi la rosa,
la lancia che sgrani,
l'acqua che d'improvviso
scoppia nella tua gioia,
la repentina onda
d'argento che ti nasce.
Dura è la mia lotta e torno
con gli occhi stanchi,
a volte, d'aver visto
la terra che non cambia,
ma entrando il tuo sorriso
sale al cielo cercandomi
ed apre per me tutte
le porte della vita.
Amor mio, nell'ora
più oscura sgrana
il tuo sorriso, e se d'improvviso
vedi che il mio sangue macchia
le pietre della strada,
ridi, perché il tuo riso
sarà per le mie mani
come una spada fresca.
Vicino al mare, d'autunno,
il tuo riso deve innalzare
la sua cascata di spuma,
e in primavera, amore,
voglio il tuo riso come
il fiore che attendevo,
il fiore azzurro, la rosa
della mia patria sonora.
Riditela della notte,
del giorno, della luna,
riditela delle strade
contorte dell'isola,
riditela di questo rozzo
ragazzo che ti ama,
ma quando apro gli occhi
e quando li richiudo,
quando i miei passi vanno,
quando tornano i miei passi,
negami il pane, l'aria,
la luce, la primavera,
ma il tuo sorriso mai,
perché io ne morrei.
Frughino pure i becchini le sostanze di sorte funesta: innalzino pure gli spenti frammenti della cenere, e parlino col linguaggio del verme. Io ho dinanzi a me solo sementi, evoluzioni radiose e dolcezza.
Come una coppa albergasti l'infinita tenerezza e l'infinito oblio t'infranse come una coppa.
Succede che mi stanco dei miei piedi e delle mie unghie, e dei miei capelli e della mia ombra. Succede che mi stanco di essere uomo.
Breve l'amore, lungo l'oblìo...
Pendio, origine del pianeta, le tue palpebre spalancano il crepuscolo della terra assaltando l'azzurro delle stelle.
La parola è un'ala del silenzio.