Abbietto è l'amante volgare innamorato più del corpo che dell'anima: non è un individuo che resti saldo, come salda non è nemmeno la cosa che egli ama. Infatti quando svanisce il fiore della bellezza del corpo del quale era preso "si ritira a volo" ad onta dei molti discorsi e delle promesse. Chi invece si è innamorato dello spirito quando è nobile resta costante per tutta la vita perché si è attaccato a una cosa che resta ben salda.
Rispetto a se stessi, amico mio, in che posizione si trovano? Nella posizione di chi comanda o in quella di chi è comandato? (...) Mi riferisco alla questione se ciascuno di essi comandi su se stesso. (...) Che sia temperante e padrone di se e che sappia comandare i piaceri e i desideri che dimorano dentro di sè.
Che cosa strana sembra essere questa che dagli uomini viene chiamata piacere; e come sorprendentemente essa, per sua natura, si trova con quello che sembra il suo contrario: il dolore. Ed essi tutti e due insieme non vogliono coesistere nell'uomo, ma se poi qualcuno insegue l'uno di questi e l'afferra, egli, in un certo modo, è obbligato a prendere anche l'altro, come fossero attaccati ad un sol apice, pur essendo due.
Non sarebbero avvenute infatti evirazioni e incantamenti e molti altri episodi di violenza se Amore si fosse trovato in mezzo a loro, ma amicizia e pace, come ora, da quando sugli dei signoreggia Amore.