Mi chiedevo perché nessuno avesse notato quanto stesse lontano, prima dello scatto repentino e impossibile che mi aveva salvato la vita. Un po' preoccupata mi resi conto del motivo: nessun altro si accorgeva come me della presenza di Edward. Nessuno lo guardava con occhi simili ai miei.
La sua espressione era inqiuetante: sembrava lacerato, quasi dolorante, di una bellezza tanto fiera da farmi sentire il desiderio di toccarlo con la stessa violenza di poco prima.
Ai miei occhi eri una specie di demone, sorto dal mio inferno privato per distruggermi. L'odore soave della tua pelle... Quel primo giorno ho temuto di perdere definitivamente la testa. In quela singola ora ho pensato a cento maniere diverse di portarti via dall'aula, di isolarti. E mi sono opposto a tutte, temendo le conseguenze che avrebbero colpito la mia famiglia. Dovevo scappare, andarmene prima di pronunciare le parole che ti avrebbero costretta a seguirmi...
Non avevo mai pensato seriamente alla mia morte, nonostante nei mesi precedenti ne avessi avuta più di un'occasione, ma di sicuro non l'avrei immaginata così. Con il fiato sospeso, fissavo gli occhi scuri del cacciatore, dall'altra parte della stanza stretta e lunga, e lui ricambiava, con uno sguardo garbato. Era senz'altro una bella maniera di morire, sacrificarmi per un'altra persona, qualcuno che amavo. Una maniera nobile, anche. Conterà pur qualcosa. Sapevo che se non fossi mai andata a Forks non mi sarei trovata di fronte alla morte. Per quanto fossi terrorizzata, però, non riuscivo a pentirmi di quella scelta. Se la vita ti offre un sogno che supera qualsiasi tua aspettativa, non è giusto lamentarsi perché alla fine si conclude. Il cacciatore fece un sorriso amichevole e si avvicinò con un passo lento e sfrontato, pronto a uccidermi.