Qui trovi frasi sui Libri, frasi sulla lettura, piccoli estratti e citazioni utili. Ti ricordiamo poi che il 23 aprile si festeggia la Giornata mondiale del Libro.
Sapete cos'è un principe ebreo, vero? (A questo punto inarco le sopracciglia). Se non lo sapete, vi insegno un modo semplicissimo per riconoscerlo. Basta una sola domanda. "Dov'è il burro?" (Una lunga pausa, per permettere all'ilarità di diffondersi tra il pubblico). Bene, sappiamo tutti dove si trova il burro, non è vero? (Sorrisetto). Il burro è nel frigorifero, nell'apposito scomparto, all'interno della porta, su cui c'è scritto "burro". (Altra pausa). Il principe ebreo, quando chiede dov'è il burro, in realtà intende dire: "Portami il burro", ma siccome è troppo furbo per scoprirsi fino a questo punto, aggira l'ostacolo chiedendo: "Dov'è?". (Pausa). E se gli dite: (Urlando). "è nel frigo..."(Con voce normale) e lui va a vedere, a questo punto si verifica un fatto interessante, un fenomeno fisiologico che non è ancora stato studiato a sufficienza. (Pausa). La luce del frigo sulla cornea del maschio provoca... (Pausa) la cecità. (Lunga pausa) "Non riesco a vederlo", dice il principe ebreo. (Altra pausa) Questo è solo uno dei tanti modi in cui la sua natura principesca si manifesta. Un altro è quello di chiedere: "c'è del burro?" (Pausa). Sappiamo tutti di chi è la colpa se non ce n'è, vero? (Altra pausa). Quando è particolarmente abile, il principe ebreo mette le cose in modo da farvi credere che siano solo la vostra incredibile saggezza, la vostra perspicacia e la vostra creatività a interessargli. "Credi che ci starebbe bene un po' di burro con questo?" Domanda. (Pausa). "Questo" di solito è una fetta di pane tostato. (Pausa). Ho sempre pensato che il concetto di principe ebreo sia stato introdotto da un potenziale principe ebreo che non è mai riuscito a farsi portare il burro da sua moglie.
C'era una volta un ragazzino che odiava il Kreplech. Ogni volta che vedeva un pezzo di Kreplech nel brodo, gridava: "Aaah, il Kreplech!" Sua madre decise quindi di insegnargli a non avere paura del Kreplech. Lo portò in cucina e preparò un po' di pasta. "Vedi, è come una frittella", gli disse. "Come una frittella", ripeté il ragazzino. Allora la mamma prese della carne macinata e ne fece una pallina. "Vedi, è come una polpetta", gli disse. "Come una polpetta", ripeté il ragazzino. Poi la mamma avvolse la pasta attorno alla carne e la prese in mano. "Vedi, è come un raviolo", gli disse. "Come un raviolo", ripeté il ragazzino. Allora lei lasciò cadere il Kreplech nel brodo e mise il tutto davanti al ragazzino, il quale urlò: "Aaah, il Kreplech!".
Chi fossero i miei compagni di quelle giornate, non ricordo. Vivevano in una casa del paese, mi pare, di fronte a noi, dei ragazzi scamiciati - due - forse fratelli. Uno si chiamava Pale, da Pasquale, e può darsi che attribuisca il suo nome all'altro. Ma erano tanti i ragazzi che conoscevo di qua e di là. Questo Pale - lungo lungo, con una bocca da cavallo - quando suo padre gliene dava un fracco scappava da casa a mancava per due o tre giorni; sicché, quando ricompariva, il padre era già all'agguato con la cinghia e tornava a spellarlo, e lui scappava un'altra volta e sua madre lo chiamava a gran voce, maledicendolo, da quella finestra scrostata che guardava sui prati, sui boschi del fiume, verso lo sbocco della valle.
Qual è l'importanza del sole, che si muove nel cielo senza compagnia? Qual è l'importanza di una montagna che si erge in mezzo a una valle? Qual è l'importanza di un pozzo isolato? Sono essi che indicano la strada che la carovana deve seguire.
"Tu non sai quello che dici" rispose l'angelo. "Non c'è nessuna tragedia, ma l'inevitabile. Tutto ha la sua ragione d'essere: devi solo saper distinguere fra ciò che è transitorio e ciò che è definitivo." "Che cos'è transitorio?" Domandò Elia. "L'inevitabile". "E che cos'è definitivo?" "Le lezioni dell'inevitabile". E dicendo questo l'angelo si allontanò.
"Attento", disse. "Quella dei libri è tutta conoscenza di seconda mano, conoscenza presa in prestito. Non vale granché". [...] L'altra via, secondo il Vecchio, è quella dell'esperienza. L'esperienza fatta su se stessi. Il vero capire non avviene con la testa, ma col cuore. Si capisce davvero solo quello che si è provato, quello che si è sentito dentro di sé.
"Non siamo noi a trovare la Verità. È la Verità a trovare noi. Dobbiamo solo prepararci". "Si può invitare un ospite che non si conosce? No. Ma si può mettere la casa in ordine, così che, quando l'ospite arriva, si è pronti a riceverlo e a conoscerlo".
La malattia di cui oggi soffre gran parte dell'umanità è inafferrabile, non definibile. Tutti si sentono più o meno tristi, sfruttati, depressi, ma non hanno un obbiettivo contro cui riversare la propria rabbia o a cui rivolgere la propria speranza. Un tempo il potere da cui uno si sentiva oppresso aveva sedi, simboli, e la rivolta si dirigeva contro quelli. [...] Ma oggi? Dov'è il centro del potere che immiserisce le nostre vite? Bisogna forse accettare una volta per tutte che quel centro è dentro di noi e che solo una grande rivoluzione interiore può cambiare le cose, visto che tutte le rivoluzioni fatte fuori non han cambiato granché.
Mi affrettai a scacciare l'idea, ma dopo essersi guardata attorno, Jamie posò gli occhi su di me e mi sorrise, chiaramente contenta di vedermi lì in classe con lei. Fu solo più tardi che ne scoprii il motivo.
Più della libertà ho aspettato il minuto bollente in cui quattro labbra sospendono il respiro e si mischiano per gustare sé stesse attraverso altre due e si confondono per appartenersi.