Scritta da: Carmen P.
in Frasi & Aforismi (Libri)
Tutto è racconto, Martìn. Quello che crediamo, quello che conosciamo, quello che ricordiamo e perfino quello che sognamo.
dal libro "Il gioco dell'angelo" di Carlos Ruiz Zafón
Tutto è racconto, Martìn. Quello che crediamo, quello che conosciamo, quello che ricordiamo e perfino quello che sognamo.
Non posso morire, dottore. Non ancora. Ho delle cose da fare. Poi avrò tutta la vita per morire.
"Ha una brutta faccia." Sentenziò.
"Indigestione" Replicai.
"Di cosa?"
"Di realtà."
Il signor Sempere credeva che Dio vivesse un po', o molto, nei libri e per questo dedicò la propria vita a condividerli, a proteggerli e ad assicurarsi che le loro pagine, come i nostri ricordi e i nostri desideri, non andassero mai perdute, perché credeva, e fece credere anche a me, che finché fosse rimasta una sola persona al mondo capace di leggerli e di viverli, sarebbe restato un frammento di Dio o di vita.
Allora seppi che avrei dedicato ogni minuto che ci restava da passare insieme a renderla felice, a riparare al male che le avevo fatto e a restituirle ciò che non avevo mai saputo darle.
Dimmi di cosa ti vanti e ti dirò di cosa sei privo.
L'essere umano crede come respira, per sopravvivere.
Non avevo capito fino ad allora quanto desiderassi continuare a respirare, continuare ad aprire gli occhi ogni mattina e poter uscire in strada per calpestare i ciottoli e vedere il cielo e, soprattutto, continuare a ricordare.
Si finisce per diventare ciò che si vede negli occhi di quelli che di desiderano.
Uno scrittore non dimentica mai la prima volta che accetta qualche moneta o un elogio in cambio di una storia.
Non dimentica mai la prima volta che avverte nel sangue il dolce veleno della vanità e crede che, se riuscità a nascondere a tutti la sua mancanza di talento, il sogno della letteratura potrà dargli un tetto sulla testa, un piatto caldo alla fine della giornata e sopratuttto quanto più desiderea: il suo nome stampato su un miserabile pezzo di carta che vivrà sicuramente più a lungo di lui. Uno scrittore è condannato a ricordare quell'istante, perché a quel punto è già perduto e la sua anima ha ormai un prezzo.