-Dunque voi mi curereste? -Sì. -Sareste tutti i giorni accanto a me? -Sì. -e anche tutte le notti? -Sempre finché non v'annoiassi. -Che nome date voi a ciò? -Devozione. -e donde viene questa devozione? -Da un'attrazione irresistibile che sento per voi. -Così, voi sareste innamorato di me? Ditelo subito, è molto più semplice. -Può darsi, ma se dovessi dirvelo un giorno, non sarà oggi di certo. -Meglio non dirmelo mai.
Il tutto è nel poco: il bambino è piccolo e contiene l'uomo, il cervello è angusto e ricetta il pensiero, l'occhio non è che un punto eppure abbraccia gli spazi.
Quando l'esistenza ha contratto un'abitudine come quella del mio amore, sembra impossibile che quell'abitudine s'interrompa senza inaridire, allo stesso tempo, tutte le altre energie vitali.
Non so se in vita vostra abbiate provato, o proverete mai, quello che provavo alla vista di Margherita. L'ultima volta che era venuta, sedeva là, allo stesso posto, ma da allora s'era preso un altro amante, e altri baci dai miei avevano premuto le sue labbra. Eppure alle sue labbra anelavano le mie, e sentivo d'amarla ancora ugualmente e forse di più di quanto l'avessi mai amata.
-Mi perdonate il mio cattivo umore di stasera? Mi chiese prendendomi la mano. -Sono pronto a perdonarvene ben altri. -e mi amate? -Da impazzirne. -a dispetto del mio cattivo carattere? -a dispetto di tutto.
Era velata, è vero; ma due anni innanzi non avrei avuto bisogno di vederla in viso per riconoscerla, sotto ogni velo: sì, l'avrei indovinata. Pure ancora il cuore mi palpitò al sapere che era lei, e i due anni trascorsi senza vederla, come gli effetti che parevan nati da tanta separazione, sfumarono, svaniti insieme, al solo tocco della sua veste.
L'esistenza non è più che il compimento ripetuto di un desiderio continuo; l'anima non è che la vestale incaricata di alimentare il sacro fuoco dell'amore.