Scritta da: Kay
Si cresce tacendo, chiudendo gli occhi ogni tanto, si cresce sentendo d'improvviso molta distanza da tutte le persone.
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Si cresce tacendo, chiudendo gli occhi ogni tanto, si cresce sentendo d'improvviso molta distanza da tutte le persone.
La prudenza cominciava da dove si poggiavano i piedi e proseguiva fin dove si posavano gli occhi. Era meglio non vedere tutte le cose della strada.
La creatura che mi passava davanti facendomi arrossire per la sua bellezza, aveva gli occhi pieni del suo mondo, non poteva vedermi. Io spalancavo i miei su di lei, sulle finestre che riflettevano il rosso della sera e mi facevo trasportare dalla felice vertigine del bambino che sogna di essere invisibile.
Non posso obbedirti, non faccio più in tempo. Sta per capitare proprio ora e in questo strano posto. "Non ora, non qui". Avevi ragione, molte delle cose che mi sono accadute furono errori di tempo e di luogo, cose da dire: non ora, non qui. Però a questo vetro d'autobus mi accorgo di essere in un'ora e in un posto a me riservato da tempo.
Intorno ferve il movimento. Le porte si sono aperte, la gente sale e scende da tutte le parti urtandosi. Mi tengo vicino al vetro, c'è trambusto, ma tu e io siamo fermi. Vengono il tempo e l'occasione, vengono quando due persone si fermano: allora si incontrano.
Se uno si muove sempre, impone un verso, una direzione al tempo. Ma se uno si ferma, si impunta come un asino in mezzo al sentiero, lasciandosi prendere da una distrazione, allora anche il tempo si ferma e non è più la soma chesagoma la schiena.
Molto del destino di ciascuno dipende da una domanda, una richiesta che un giorno qualcuno, una persona cara o uno sconosciuto, rivolge: d'improvviso uno riconosce di aspettare da tempo quella interrogazione, forse anche banale ma che in lui risuona come un annuncio, e sa che proverà a rispondere ad essa con tutta la vita.
Per me i giorni amati furono quelli dove l'impossibile rimase conservato nel cuore e non quelli che lo realizzarono.
Sorrideremo dei nostri vizi. Quali? Quelli di darci per scontati, come se dovessimo esserci sempre come il suono delle campane, come se dovessimo morire insieme ed essere nati insieme, sempre: vizio venuto perché un piccolo spago di giorni si sgomitolava e ci faceva ritrovare.
Povera abitudine: raro che uno si accorgesse che l'altro era cambiato dalla sera prima. Raro che ci si accorgesse che il suo umore metteva una pausa diversa tra il giorno già pronto e il buongiorno scambiato, che un sogno aveva sforzato gli zigomi, che un'ombra mai avuta cadeva dalla lampada sulla guancia. Sorrideremo del vizio che ci fa vedere uguali e capiremo i fitti nostri mutamenti e stupiremo che siano stati così numerosi.
La morte non è uguale per tutte le cose: ci sono oggetti che cominciano a invecchiare solo dopo aver attraversato la morte. Un giocattolo invecchia dopo che si è rotto, dopo che è morto.
Essere al mondo, per quello che ho potuto capire, è quando ti è affidata una persona e tu ne sei responsabile e allo stesso tempo tu sei affidato a quella persona ed essa è responsabile per te.
Oggi so che in ogni frase pronunciata c'è l'anima di una domanda, allora temevo che in ogni domanda fosse contenuta una risposta che non sapevo riconoscere.