Scritta da: Libripassion
Fu una doccia fredda. [...] Non volevo sprofondare dentro me. La voce di quel bisogno cominciava a essere troppo forte.
Composta mercoledì 9 ottobre 2013
dal libro "Venuto al mondo" di Margaret Mazzantini
Fu una doccia fredda. [...] Non volevo sprofondare dentro me. La voce di quel bisogno cominciava a essere troppo forte.
Tieni, padre, ecco la prima fotografia di tuo figlio. E scusa se non sei stato tu a farla.
Ho sempre creduto di poter dominare tutto, di poter controllare ogni mio passo. Per anni ho preso la pillola. Che beffa. Non sono stata ammessa al banchetto della vita. Forse devo soltanto chinare la testa. Non tutti devono avere figlio, lo so.
Io sono stata una balena, il dorso forte su cui lui si era fermato, come un uccello in attesa del vento che lo restituisse al suo viaggio.
Il destino è come il cuore: è dentro di noi fin dal primo istante, perciò è inutile cercare di cambiarlo.
"Che palle, sta storia." Sta storia è la sua storia, la nostra storia, ma lui non vuole sentirla. Da piccolo era più curioso, più coraggioso, faceva qualche domanda in più. Guardava quel padre ragazzo, quella fotografia di Diego sul frigorifero, tenuta da una calamita, ingiallita dai vapori della cucina. Mi stringeva, mi restava addosso. Crescendo non ha più chiesto nulla. Il suo universo s'è ristretto ai suoi bisogni, ai suoi piccoli egoismi. Non ha voglia di complicarsi la vita, i pensieri. Per lui suo padre è Giuliano, è lui che lo ha accompagnato a scuola, che lo ha portato dal pediatra. È lui che gli ha dato quello schiaffo al mare, la volta che si è tuffato con poca acqua sotto.
Lei ansima, il collo torto verso il soffitto rotto, e lui la guarda. E forse la guardava così, con la stessa tenerezza, la stessa nostalgia, mentre facevano l'amore.
Guardo quest'uomo, in fondo a questa luce notturna, con in braccio il neonato di Sarajevo. E d'improvviso sento quel dolore, che poi mi prenderà ogni volta e ha un modo tutto suo di aggredirmi. Mi stringe la nuca, m'irrigidisce il collo. È Diego che mi trattiene da dietro, riconosco le sue mani, il suo fiato, però non posso voltarmi. Era lui che doveva tenere in braccio il bambino [...]. È lui che mi tiene per la nuca e mi sussurra di guardare il mio destino avanti, le scene della mia vita senza di lui.
Se andassimo via adesso nulla di ciò che verrà sarebbe, ma la vita è come l'acqua, scompare, affonda e poi riaffiora dove può, dove deve.
Mi bacia a lungo sulla bocca, poi si lecca le labbra, dice che sono il sapore della sua vita.