Scritta da: Andrea De Candia
I
Il cimitero della casa è esteso
ed alla tomba della stanza bussa
lo sguardo all'altro mondo della veglia -
ma non apre, non apre, sa che dorme -
si versa come lacrima fermatasi
sulla guancia di un attimo compatto -
sa che la decomposizione eludi
che la testa è risorta dal naufragio -
che il sonno naviga sulla sua zattera,
che l'isola di un sogno si profila
a un orizzonte d'interiorità -
mentre il resto del corpo è rivestito
dall'abbraccio materno di una bara
che parte dalle dita dei tuoi piedi
e arriva al collo a darti una carezza.

II
Ma il volto fuoriuscito è la sua tomba
con cui il visitatore si orienta
per arrivare al suo ripiegamento
e questo è morte è il suo lutto interiore -
le pupille le versa nella notte
perché nessuno veda che lui piange -
mentre il resto del corpo è il suo fanciullo
che nel lenzuolo ha la sua bara bianca.

III
La specularità è un'invenzione -
io sono il mare e il mio lenzuolo è spuma -
e fluttuo in una morte provvisoria
risalirò ché voglio raccontarla -
ma non potrò, sarà il sonno sommerso
assieme al cuore del suo sogno spento -
le pupille son lacrime che aggiungono
colore al lutto che rende la morte
una vivente che non può vedersi
tra la folla accecata dal suo pianto -
mentre lassù si crea un'opposizione -
anche la notte è un corpo che si oblia
e sprofonda all'interno nel suo nero
per sognare nient'altro che il suo sonno
e le stelle ai non occhi che s'accendono
sono quelle che invece fanno luce!

IV
Tutto si spegne per mirare al nero
nel profondo di sé, solo una luce,
oscurità che abbaglia ed è uniforme -
solamente le stelle si sparpagliano
e con un'alternanza irrinunciabile
compensano lassù l'assenza di occhi
aperti a fare luce qui nel mondo!

V
Ti crederai più solo nella morte
quello che resterà altro da te -
le tue pupille guarderanno nero
ai loro piedi, l'unico colore
per dire tutto ha preso la sua essenza
e la trascina a rendere assentato
quel passato che finalmente oblii -
e le stelle saranno ribellione -
il sacerdote della Luna muto
nell'abito tranne che nel riflesso
gettato, anch'esso è un'eco di silenzio -
con la loro presenza si diranno
lacrime in veglia a non spegnersi via
reclameranno a sillabe la luce,
la defunta di tutto l'universo!

VI
A cosa serve quando è buio ovunque?
Specularmente, e sono mare e terra?
E il cielo è lassù solo a disperarsi
in silenzio come di un gemello
perduto nella morte più interiore?
Quando il buio è al buio anche di sé
le stelle, ecco, lo portano alla luce,
luci che lo salvano dall'oblio,
resurrezione in delle loro lacrime,
sconfitta della fine nella stasi,
sulla guancia di un tempo che non scorre!?

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