Scritta da: Leda
Venti giorni. Quasi venti giorni. Troppi per un'attesa, pochi per un addio.
Composta martedì 30 ottobre 2012
Venti giorni. Quasi venti giorni. Troppi per un'attesa, pochi per un addio.
E di nuovo mi stai lasciando. Ti vedo così incerto, i tuoi occhi non brillano più. Sento che qualcosa dentro di me vorrebbe esplodere ed urlare: "Resta ancora accanto a me!". Ma sarebbe inutile, tu sei già così distante. Non dirò nulla, in silenzio continuerò assurdamente a sperare che sia tutto solo un brutto sogno.
I suoi occhi sembrano dire tutt'altro rispetto a ciò che la sua bocca dice.
I suoi occhi trasmettono un amore che le sue labbra dicono di non provare,
la mancanza che dicono di non sentire,
la dolcezza che dicono di non potermi dare.
Dunque, a chi credere?
L'attesa, quando è troppa, diventa sfruttamento di persona.
Se un sentimento è vero non sfuma né in una settimana, né in un mese. Resiste sia a rabbia che ad orgoglio. Ma ciò accade solo se è vero, se era vero.
Mi avevi chiesto "perché non scrivi per me?" Ed ecco che scrivo per te. Anche se avrei sperato di non farlo perché ciò significa che mi hai lasciato.
È come quando vivi l'ultimo giorno della tua vita e sei consapevole di guardare le cose per l'ultima volta. Sapevo che tra qualche minuto ci sarebbe stato l'inesorabile e ultimo addio. Al posto di piangere decisi di tenere impressi nella mia memoria i luoghi, gli oggetti, gli odori, tutto ciò che c'era intorno a noi e che mai più avrei rivisto. Ad ogni sguardo scappava un sorriso.
Ho amato ogni singolo istante in sua compagnia, ho amato ogni suo respiro, ogni suo bacio. Come si può amare tutto di una persona che si conosce poco? Amavo e amo ogni cosa di lui, dai suoi occhi così profondi, alle smorfie che mi faceva, alle linguacce. Ho amato ogni sua parola, ogni suo silenzio, le canzoni che cantavamo insieme. Eppure mai gli ho detto quanto lo amavo, non potevo, lui non mi amava.
Una folata di vento e sento il tuo profumo,
e tu eri lì, alle mie spalle.
Vorrei poterti non sentire così chiaramente.
Cerco di scappare ma ovunque vado ti ritrovo lì,
pieno di sorrisi e di risate che rivolgi a qualcun'altra.
Perché mi perseguiti?
Il destino che ci ha diviso gioca con me e ci conduce sempre negli stessi luoghi,
così vicini da poterci sentire.
Lui non è il mio.
È un'altra persona che non riconosco,
è qualcuno che non riesco a sentire.
Chissà se è rimasto in fondo a quell'anima qualcosa di lui,
chissà se quel cuore ricorda ancora il mio nome.
Quello che gli altri confondono per lui non è altro che un corpo che non risponde più al mio richiamo,
non riconosce più il battito del mio cuore.
Ha dimenticato la mia voce e i nostri sorrisi.
Un tempo i nostri pensieri riuscivano a sfiorarsi,
a volte anche a toccarsi,
adesso sono ai lati estremi di un filo ormai spezzato.
Ti porto con me.
La mia mano ha sempre l'impronta della tua, invisibile all'occhio esterno.
Io ti vedo, sento la tua risata... e anche se è solo nella mia testa, mi basterà per essere felice.
L'ultima parola in un anno di silenzio.
E adesso si ritorna alla normalità. È stato un caso, un evento irrilevante nella storia della sua vita. Un evento che il mio cuore ricorderà come l'ultimo sobbalzo.