La felicità la si può trovare anche negli attimi più tenebrosi... basta solo ricordarsi di accendere la luce.
dal libro "Harry Potter e il prigioniero di Azkaban" di Joanne Kathleen Rowling
La felicità la si può trovare anche negli attimi più tenebrosi... basta solo ricordarsi di accendere la luce.
Harry Potter era un ragazzo insolito sotto molti punti di vista. Prima di tutto, odiava le vacanze estive più di qualunque altro periodo dell'anno. Poi voleva davvero fare i compiti, ma era costretto a studiare di nascosto, nel cuore della notte. E per giunta era un mago.
Era quasi mezzanotte, e Harry era steso sul letto a pancia in giù, le coperte tirate sulla testa come una tenda, una torcia in mano e un grosso libro rilegato in pelle (Storia della magia, di Adalbert Incant) aperto e appoggiato sul cuscino. Fece scorrere la punta della penna d'aquila sulla pagina, aggrottando le sopracciglia, alla ricerca di qualcosa che potesse aiutarlo a scrivere il tema: Perché i roghi di streghe nel Quattordicesimo secolo furono completamente inutili.
Harry scosse la testa.
"È stato stupido, pensare che fosse lui" mormorò. "Voglio dire, lo sapevo che è morto".
"Credi che le persone scomparse che abbiamo amato ci lascino del tutto? Non credi che le ricordiamo più chiaramente che mai nei momenti di grande difficoltà? Tuo padre è vivo in te, Harry, e si mostra soprattutto quando hai bisogno di lui. Altrimenti come avresti fatto a evocare proprio quel Patronus? Ramoso è tornato a correre la notte scorsa."
A Harry ci volle qualche istante per capire quelle parole.