Scritta da: Nicole Stocchi
L'unica cosa certa era che lui era tornato e che lei avrebbe voluto non se ne andasse più.
dal libro "La solitudine dei numeri primi" di Paolo Giordano
L'unica cosa certa era che lui era tornato e che lei avrebbe voluto non se ne andasse più.
Vorrei tornare indietro per poter riprovare quelle emozioni che mi davi, quelle che arrivavano al profondo del cuore, che viaggiano nella mente di un innamorato, quelle che mi davi tu ma che non volevi. Quelle emozioni che solo con te provavo, quelle che non si dimenticano perché nemmeno la persona si può dimenticare, quelle che provi una sola volta, o meglio, non le provi con chiunque, quelle che mi piacevano. Le vorrei di nuovo qui insieme a te, pronti a ferirmi e io a non reagire, per potervi uccidere lentamente e farti capire quanto male mi stai facendo in questi quattro mesi che te ne sei andato. Perché un migliore amico non dovrebbe andarsene e se se ne va, non è un migliore amico. Ma se tu non sei mai stato il migliore amico che io credevo, allora cosa sei mai stato?
Sono intorno a noi, in mezzo a noi, in molti casi siamo noi a far promesse senza mantenerle mai se non per calcolo, il fine è solo l'utile, il mezzo ogni possibile, la posta in gioco è massima, l'imperativo è vincere e non far partecipare nessun altro, nella logica del gioco la sola regola è esser scaltro: niente scrupoli o rispetto verso i propri simili perché gli ultimi saranno gli ultimi se i primi sono irraggiungibili. Sono tanti arroganti coi più deboli, zerbini coi potenti, sono replicanti, sono tutti identici guardali stanno dietro a maschere e non li puoi distinguere. Come lucertole si arrampicano, e se poi perdon la coda la ricomprano. Fanno quel che vogliono si sappia in giro fanno, spendono, spandono e sono quel che hanno.
Passai accanto a duecento persone e non riuscii a vedere un solo essere umano.
Aveva un cuore capace di contenere il mondo intero, ma alla fine dovette accontentarsi di una caverna.
Forse tutto è così, crediamo che attorno a noi ci siano creature simili a noi e invece c'è il gelo, pietre che parlano una lingua straniera, stiamo per salutare l'amico, ma il braccio ricade inerte, il sorriso si spegne, perché ci accorgiamo di essere completamente soli.
Come mai succede spesso che delle persone amiche riescano a intuire da alcuni impercettibili segni, diverse cose che sarebbero dovute restare nascoste? Quando, e come, le hanno sapute, visto che nessuno ha fatto nulla perché le sapessero?
È un dubbio che mi ha sempre assalito più volte nel corso della mia vita.
È una sensazione simile a quella di chi, in una casa dove salta la corrente, va avanti dritto e senza esitazioni lungo il corridoio buio diretto all'interruttore generale. Oppure di chi avendo fatto cadere una cartolina dietro la scrivania, cerca di avvicinarla usando una riga. Sebbene si conosca l'oggetto, lo si possa toccare con mano e ci si muova in modo normale, per qualche ragione non lo si può vedere chiaramente. È la stessa sensazione frustrante e precisa.
Ho paura perché sono felice, e una felicità così grande puoi provarla solo quando stai per perderla.
Fino al giorno in cui minacciarono di non lasciarmi più leggere, non seppi di amare la lettura. ; si ama forse il proprio respiro?