Quella non era una caverna, vedeva la bocca del mostro che ogni notte la veniva a trovare, si ripeteva è solo un sogno, un incubo che mi tormenta da tanti anni. Anna finalmente aveva trovato il coraggio di fermarsi a guardare il mostro, la sua visuale era cambiata, accorgendosi che lei era dentro alla bocca, ogni volta che scappava, tornava indietro, ripercorrendo la gola, inghiottita dalla sua paura.
Era un piccolo sogno che voleva vivere, ma era di cristallo. Ruanda aveva la sua visione impressa negli occhi, aveva quasi paura di inciderla nel suo cuore. Il sogno le parlava in ogni istante, credi in me, credi in te.
Margherita, era un piccolo semplice fiore, ma tutti sanno, quanto sia difficile restare un piccolo semplice fiore.
Morgana raccoglieva ogni lacrima in un barattolo, sapeva che un giorno poteva prenderne una, riguardarla e infilarla come una perla.
Ogni sorriso aveva il gusto e l'allegria della primavera, sfidava l'inverno, il buio, donando un raggio di sole e un fiore a chi incontrava.
Nel giardino incantato che aveva costruito ogni stagione rappresentava un'emozione. Ogni orologio era stato distrutto, solo il battito del cuore poteva scandire il senza tempo, l'attimo.
Ogni volta ci sfioravamo senza toccarci, ci incontravamo senza vederci. Dentro c'era la consapevolezza del sentirci, ma dove? Quando? Non ci era dato saperlo.
Contatto, senza giudizio, le nostre strade si incontrarono, camminiamo assieme per un periodo? Mi disse Saul, lo guardai volevo chiedergli: per quanto? Mi morsi le labbra e risposi: viviamolo.
Ogni volta che facciamo qualcosa, lasciamo impronte di noi stessi. Ogni impronta ha la forza, l'energia del nostro intento e vive anche senza di noi.
Cercheranno di farti tenere gli occhi chiusi, anestetizzandoti con troppe parole.