Commenti a L'insignificante di Sir Jo (Sergio Formiggini)
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postato da Stefania Comotti, il
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postato da Sir Jo Black, il
Grazie anche a te Marghe!!! ... Dici che il mio stile è un pò asettico ... mica sarà perché scrivo con i guanti di lattice da chirurgo? ... hi hi hi ...
Puro sicuramente! Uso un ottimo distillatore ... ;)
Ciao!!!
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postato da Sir Jo Black, il
Hai ragione se non modifichi almeno la metrica poi resta una copia ... !!! ;)
Che ti devo dire? Mi sembra una critica corretta e non posso opporti un granchè ...
Ti dirò che questo scritto è proprio un caso in cui sia il ritmo e quindi le battute sono native, sono quelle del momento in cui è nata. Poi non è più cresciuta perché la situazione mi ha chiesto di lasciare l'emozione così com'era!
E' ultimamente che mi sono accorto di essere mentalmente passato dalla composizione completamente sciolta ad una un pò più attenta alla cadenza. Il bello è che mi viene quasi spontaneo ... :)
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postato da Giuseppe Freda, il
Molto bene.
Premetto però un'osservazione: non mi fosse piaciuta, non avrei perduto tempo ad effettuarne un "tentativo di plagio". : ))))
Tuttavia nel merito vedo quanto segue:
1) A comprova di quanto dicevo prima circa l'equivocità della scrittura ermetica, mi pare si ponga chiaramente la circostanza che ho colto il termine "insignificante" , anziché nel senso obiettivato in cui tu lo enunci nel commento numero 11 ("ciò che è insignificante"), come riferito all'individuo umano in quanto vittima degli insulti del tempo, e del mutare in esso di situazioni e sentimenti. Un individuo che la stessa natura vorrebbe farci apparire come insignificante sia per questo motivo, sia perché destinato al nulla dell’inesistenza. E dunque, nel mio "tentativo di plagio", l'insignificante è ciò che l'uomo percepisce di se stesso di fronte a questa assurda situazione: gli insignificanti siamo noi. Per questo motivo (sbagliando completamente "traduzione" alla luce della tua interpretazione autentica), ho chiamato "insignificante" l'uomo che osserva, attende, insegue questo carosello di illusioni e di delusioni.
2) Ma… ho proprio sbagliato? Mi chiedo cioè: se il tempo e la natura, con questo meccanismo illusione-delusione, possono tanto facilmente prendersi gioco di noi, non sarà forse perché lo siamo anche noi, insignificanti, e tutto ciò che ci accade? Se ci pensi, è questo il succo di una certa filosofia. E in effetti le cose appaiono così a prima vista, ed è proprio questo il motivo, credo, del senso di sconforto espresso dalla tua poesia. Nella mia “accezione” però, il termine “insignificante” è troppo “esagerato” per non dar luogo ad una riflessione se di insignificante davvero si tratti, o se invece la distruzione di noi e delle nostre illusioni, operata dal tempo e dalla natura, non possa rivestire un significato, semmai superiore… Comunque se le tue dodici righe, pur in un “errore” interpretativo, mi hanno indotto a queste riflessioni, significa che hanno avuto il potere di evocarle. E questo è appunto poesia. Però (particella… “sgarrupativa”)… ho da fare qualche appunto formale.
3) Nella prima terzina, il termine “dietro” è perplesso. Poiché infatti “dietro”, come “davanti”, può essere sia preposizione che avverbio, e come preposizione regge l’accusativo (a differenza di “davanti”, che regge il dativo: “davanti a”), in un primo momento quel “dietro” si può anche intendere come preposizione (l’insignificante che si trovi o corra dietro attimi fuggiti che suonano anni, o corra, in ipotesi, dietro tutte le gonnelle che passano:). Solo quando si prosegue, e si legge “davanti” senza una “a” che lo segua, si capisce che è avverbio, e quindi che tale debba essere anche il “dietro” che lo precede. …Oltretutto, i termini “dietro” e “davanti”,hanno poco di poetico, potendo indurre la mente dei più deboli a pensieri inadatti al sacrario delle Muse. E quando si arriva al “davanti”, il pensiero inadatto è già stato pensato. Meglio sostituire almeno quel “dietro”con un giro di parole; o, volendo mantenere intatta la metrica, col termine “ieri”.
4) La metrica c’è: le prime due terzine 667, la terza e la quarta 663. Tuttavia gli ultimi due versi della poesia non mi “suonano” bene. La corrispondenza quart’ultimo-penultimo verso (del non conoscersi/di silenzi duri) pur non difettando dal punto di vista metrico (6 e 6) non si avverte immediatamente. Questo è più meno tutto. Un’ultima cosa: mi “accusi” di aver “tradotto” modificando la metrica…. Beh, te l’ho detto: non era una traduzione, era un plagio… e vuoi che non cambi almeno la metrica?? : )))
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postato da margherita1, il
davanti a cotanta 'tecnicità' , mi inchino e esco dalla porta indietreggiando.
Jo il tuo stile è personale, forse un pò assettico, ma puro.
Questo è già molto per chi scrive.