Scritto da: Anna R. Di Lollo
Qualcuno le aveva raccontato che esistono luoghi in cui non piove. Nella sua quotidianità, però, c'erano giorni in cui la solitudine si faceva pesante, greve, una cortina spessa, coriacea, infrangibile e a tratti anche insopportabile, nonostante il costume da super-eroina che la vita le aveva incollato addosso. E, quando la morsa stringeva un giro in più di vite, le tornava in mente quella bambina "strana" che era stata, quella che, appena si sentiva troppo sola, infilava i suoi stivaletti di gomma gialli e quell'ombrellino azzurro (scudo di protezione), che custodiva come un gioiello preziosissimo, e si metteva a ballare sul suo metro quadrato di riservatezza, cantando a squarciagola "Singin'in the Rain", imitando non tanto Gene Kelly, quanto la felicità che, in quei vecchi film in bianco e nero, riusciva a trasudare persino da un freddo e impersonale schermo televisivo. Era quella la sua danza sacra, il suo rituale di salvezza dalle angosce bambine d'un tempo e, forse, lo era ancora oggi che, cresciuta senza rotta, non riusciva più a contare i fili d'argento che le brillavano fra le chiome lunghe, lunghissime. Quei capelli che lasciava crescere sempre più, alla ricerca forse di quel luogo magico in cui ancorarsi, in cui gettar radici e germogliare; quel luogo avvolto dalle nebbie, indefinito, ignoto e sconosciuto a cui si sentiva misteriosamente legata. Ancora cercava quel posto in cui deporre finalmente e definitivamente la sua arma bianca: il suo ombrellino azzurro, azzurro come il cielo sereno. Qualcuno le aveva raccontato che esistono luoghi in cui non piove e lei, innocente e ingenua, gli aveva creduto.
Composto sabato 11 febbraio 2017

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