La coerenza spesso è confusa con l'abitudine o l'aspettativa che gli altri hanno riguardo a noi, in base a ciò che sanno o che noi stessi abbiamo affermato di essere. Qui noi sbagliamo, sbagliamo nell'affermare di essere quando ancora non abbiamo compreso che "essere" non è una massa di azioni che si ripetono, di reazioni agli accadimenti. Se questo accade, se ripetiamo le azioni, se ogni reazione è uguale, è perché siamo assoggettati dalla nostra mente a comportarci secondo le regole e i condizionamenti che essa ha maturato nei primi anni della nostra vita e che ha innestato in strutture più o meno rigide. A volte agiamo automaticamente, altre volte riflettiamo e qualcosa non ci torna eppure perpetriamo perché quella è la risposta che ci aspettiamo da noi stessi e che gli altri si aspettano. Può sembrare che cerchiamo di identificarci con noi stessi quando agiamo secondo "coerenza". Ma noi non siamo questo. Essere è sentire e poiché ogni sensazione è diversa, se rispondiamo allo stesso modo, perdiamo l'unicità di quella sensazione, la immagazziniamo insieme alle altre simili che così si confondono ulteriormente. Resta poco. Occorre demolire quelle imponenti strutture architettoniche che determinano le nostre risposte alla vita e alle emozioni ed erigerne di nuove, più flessibili e sensibili alle variazioni. Sul come, esistono molti modi, uno è sicuramente la meditazione, il fare il vuoto in testa e concentrarsi simultaneamente su ogni parte del proprio corpo. Non è immediato, ci vuole tempo ma se si è disposti a spendere ore e ore in palestra per tonificare, scolpire, e mostrare un corpo che dovrà decadere comunque un giorno, non vedo perché non si possa fare lo stesso per rendere più elastica la nostra mente e mostrare ancora più chiaramente agli altri la propria luce, la propria anima.
Composto domenica 19 luglio 2015
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