Il benessere ci ha reso più deboli, incapaci di reagire alle minime sofferenze o lasciarle scorrere, preservando le energie per quelle davvero difficili. Ed ecco perché, il più delle volte, la minima responsabilità ci rende ridicolmente maldestri e ignoranti della migliore azione da compiere, specie se si tratta anche della vita degli altri. Quanto più noi umani diventiamo indipendenti tanto più non riusciamo a prenderci cura del prossimo, ci si atrofizza nel senso di sopravvivenza individuale e irrigidisce verso il vivere quotidiano. Ma la vita non è meramente il provare a prolungare la propria vita almeno al giorno successivo. La vita è produrre un retaggio, qualcosa da lasciare a chi ci sarà dopo di noi o si intratterrà per una tratta della nostra vita. La vita quindi non è quello che ci accade ma quello che accade e facciamo accadere all'interno della sfera indefinita all'interno del quale giacciono la nostra vita, che non è il centro ma un punto diffuso intorno al centro, e la vita degli altri a noi vicini in ogni tempo vissuto, vivente e da vivere. E per vivere occorre vincere il timore dei sentimenti e della responsabilità verso gli altri.
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