L'istinto di sopravvivenza ha dell'incredibile, questo impulso primordiale ci condiziona la vita da sempre, pur essendo perduti continuiamo a portarci dietro il fardello dell'anima, o quel che ne resta, davanti a noi la solita incredibile vita... non sappiamo spiegare perché ne siamo così maledettamente ancorati. È una guerra di passioni e di ragione, di follia e serenità, di un attimo che prendiamo di nascosto, tornando al resto che vivremo, e mai più come prima.
Non sarebbe comunque servito a qualcosa, dato che lei l'aveva già persa una volta, ogni mattina prima di allora. Avrebbe di sicuro mandato un altro all'incontro, com'era suo solito, la maschera di un uomo che non era lui, una copia di sé deformata, trasformata dagli eventi e dall'aver vissuto quel sonno lungo e prolungato, che lo aveva quasi reso ebete. Il suo era un corpo consumato, che si portava dietro a forza, costretto. Era quasi ora di andare, e non c'era modo per uscirne.
Pensavo a Hester, la sua pazzia mi mancava come a un quadro i suoi colori, ne avevo bisogno come un ragno ne ha della sua tela. Mai, mai per un secondo in fondo l'avevo sentita mia. Non era ancora nata una donna che avrebbe amato un uomo come lei fece con me. Fu un attimo però, e la vidi sfumare impotente, nei pensieri, negli sguardi, nei discorsi dove era solita perdersi, nei giorni che scorrevano inquieti, come lei. In ogni sera che precede il mattino a poco a poco si faceva più indolente, gli occhi più spenti, l'anima pesante, il cuore più muto. Mi accorsi già tardi che non era più mia. Di sicuro lo era stata, ed io non avevo saputo goderne un solo momento. Non c'è morte peggiore, non c'è redenzione per aver sprecato l'amore, né una colpa piu grande per non averlo saputo riconoscere. Ero in cucina ma altrove, perdutonei miei mille perché, provato nel profondo mentre scontavo la mia pena. La incontrai in un giorno qualunque, e fu un subbuglio all'istante, come bere acqua fresca dopo una corsa in estate. Era di maggio. Amai la sua forma, l'armonia dei suoi gesti. Vidi da subito una luce nascosta, che non sapeva nascondere. Parlammo del niente in seguito, e ridemmo più volte. Lei mi guardava di nascosto, quando sembravo distratto, io facevo finta di non accorgemene e la lasciavo fare, mentre la birra riempiva il mio stomaco e qualcosa il suo cuore chi lo sa... Stemmo lì a cazzeggiare e uscimmo che era quasi giorno, feci per salutarla e la baciai poi, non potevo far altro... fu da allora che i sogni divennero un tarlo, ossessione e tormento, fui rapito e portato lontano. Non avrei mai assaggiato, in nessun altro luogo, un così dolce sapore. Se c'era un Dio però, aveva i suoi occhi, e se non c'era cazzo, ero nei guai, perché era la sola cosa alla quale potevo aggrapparmi... Tornai ad esser solo, la mia casa, i piatti sporchi, muri ingialliti dal fumo, era quello che meritavo in fin dei conti, che cazzo però, quella mi piaceva davvero. Staremmo bene insieme per un po', e ci ameremo alla follia, giusto il tempo di odiarci e mandare tutto a puttane per l'orgoglio di entrambi...