Vengo giù come la pioggia sui vetri e le venature fanno solco sulle guance.
Mi s'allaga casa e il cuore non ha branchie, chiuso com'è in boccia per pesci e, sopra, il muso d'un gatto curioso che sporge le vibrisse, ma senza toccar l'acqua. Io non li ho mica capiti i miei ingranaggi, le rotelle che girano vicine, in un senso e nell'altro, a incastrare i denti, sigillarsi come cerniere e saracinesche. Mi sento, spesso, come una via a tarda ora con le insegne spente e i lampioni che sembrano maggiordomi impettiti con il vassoio d'argento in testa, e stanno fermi in posizione militare proprio perché passo io che misuro i ciottoli del marciapiede e seguo con gli occhi la luna.
E tanto mi basta. Mi basto.
Trovare le parole tutte quante in testa senza cercarle, affollarmi e sfrattarmi di significati solo miei.
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