In certi casi, riescono ad essere grette le donne con quel loro arrabattarsi per farsi notare.
Composto martedì 23 aprile 2019
In certi casi, riescono ad essere grette le donne con quel loro arrabattarsi per farsi notare.
Mi è venuto in mente il significato della domenica delle Palme. Gesù che fa il suo ingresso a Gerusalemme in groppa a un asino, mentre la folla lo acclama con rami di ulivo. L'ingresso di un re, che non vuole riconoscimenti su questa terra, se non il trionfo dell'amore e dalla pace. Sembrava che la folla lo avesse capito. Pace e amore, senza nessuna ostentazione, perché il suo regno non era di questo mondo. Eppure, cosa succede? La stessa folla, che lo seguiva, lo acclamava, raccontando i suoi miracoli, ha istigato la sua crocifissione. L'incoerenza della natura umana viene riassunta nell'esperienza su questa terra di Gesù. Prima lo hanno acclamato, invocato, seguito e poi dimenticato, insultato, umiliato, flagellato. Un apostolo lo ha venduto per trenta denari. Pietro, che tanto diceva, non ha esitato a rinnegarlo. Il tornaconto degli uomini è stato vissuto da Gesù nella sua esperienza da uomo. Tornaconto, egoismo ed ipocrisia. Il miracolo della Resurrezione chi lo ha capito? Chi lo seguiva, ma oggi c'è chi parla di religione fallimentare, rifugio e illusione di chi non ha altro da sperare. Dobbiamo rattristarci, o commiserare chi non crede? Forse l'uno e l'altro, con la speranza e la preghiera che l'ultima parola non ce l'abbia il male.
Un pareggio portentoso contro il Torino. La domenica delle palme il Cagliari ha portato in trionfo un punto prezioso che ci allontana dalla zona bassa della classifica. Sembrava che le cose si stessero mettendo male, ma Pavoletti ha voluto festeggiare il suo dodicesimo gol, prendendo il toro per le corna. L'espulsione di Pellegrini non ha scoraggiato i rossoblu, che sono rimasti in partita, malgrado forse un arbitraggio opinabile. Lo sappiamo però che a volte, le ingiustizie possono condizionare una partita. Doppio giallo per Barella, che esce dal campo con forte disappunto. Negli ultimi due minuti si può giocare anche in nove, ma 37 punti sono un mezzo cammino verso la salvezza. Allora, petto in fuori. Orgoglio sempre sventolante. Tifo sempre in poppa, con la gioventù che non volta le spalle a una squadra meritevole. Tifoseria variegata e in coro gridiamo forza Cagliari.
Archiviata l'amarezza per la sconfitta contro la Juventus, ma non tanto per quello, visto che perdere contro una blasonata diventa quasi una certezza, ma per tutto il contorno sgradevole che ne è derivato, il Cagliari scende in campo a gamba tesa, per riconquistarsi la Sardegna Arena, delusa, tradita e offesa dalle accuse di cori razzisti. A conti fatti, da molto fastidio ricevere certe accuse gratuite, solamente perché la tifoseria ha reagito di pancia contro le provocazioni di un calciatore di colore. Possiamo archiviare la sconfitta, ma non i soliti luoghi comuni e il buonismo diffuso che poco ha da spartire con la vera correttezza e il rispetto della persona. Polemiche e amarezza a parte, i rossoblu ricevono in casa la Spal e la parola d'ordine è consegnare la vittoria, con i tre punti preziosi ai tifosi fedeli, che non conoscono manco lontanamente il significato di cori razziali. C'è molta motivazione in casa rossoblu, perché la salvezza ce la dobbiamo guadagnare con largo anticipo, anche se sembra una nota stonata parlare di salvezza. Quante volte ce lo siamo chiesti come mai il Cagliari si trovi sempre a dover lottare per non retrocedere, ma molte domande rimangono orfane di risposte. Nei primi minuti di gioco però i padroni di casa passano in vantaggio, con gol siglato da Faragò. Buon segno. Coraggio. Forza Cagliari! Giochiamo con questo spirito, ma poco dopo la squadra ospite segna il gol del pareggio, complice un fallo che impone il fischio del calcio di rigore e non ci sono santi, perché di fronte a un rigore, raramente non si soccombe. Il Cagliari però sembra aver perso lo smalto dei primi minuti e la Spal, invogliata dal pareggio, sembra condurre il gioco, il che non è buon segno. Però non può finire così. Sappiamo che l'orgoglio rossoblu non può risolversi in un lampo e fine. Vogliamo tuoni per tutta la partita e nel secondo tempo i rossoblu si ricordano di essere i padroni di casa, che dettano le regole e Pavoletti mette a segno il gol del 2 a 1. Daiii. Resisti, resisti. Intanto, prima della fine della partita qualcosa di strano doveva succedere. Annullato altro gol di Pavoletti. Non si sa perché. Si rischia il fischio di fallo di Pavoletti. Boh. Non si capisce, ma a questo punto l'importante è tenere il risultato. Tre punti pesanti, preziosi, che valgono trentasei punti, un passo avanti, lontano dalla zona calda della classifica.
Il Cagliari ha perso contro la Juventus, in casa, alla Sardegna Arena, dove è solito dare il massimo di se, con l'appoggio del dodicesimo uomo, alias pubblico, che gioca incitando la squadra. I rossoblu sono scesi in campo, con determinazione, senza timore riverenziale, pur sapendo che la signora, così viene chiamata la prima della classe della serie a, poco avrebbe concesso. L'importante era però non rassegnarsi all'idea di perdere, perché tanto la vincitrice dell'ennesimo scudetto, non avrebbe varcato la soglia dello stadio cagliaritano, senza raccattare gli scontati tre punti. Per giunta, particolare, da non dimenticare, lo stadio era tutto esaurito. Da chi? Quasi sicuramente, senza quasi, dai tifosi bianconeri. E ti pareva. Ognuno tifa la squadra che vuole, ma riempire lo stadio di casa, per sostenere la squadra avversaria, è davvero oltraggioso. I tifosi della signora saranno rimasti soddisfatti della vittoria dei loro beniamini, benché, in apparenza non al massimo della forza, ma devono riconoscere che i rossoblu, pur potendo forse fare di più, non si sono arresi. E allora, la nostra piccola soddisfazione ce la siamo presi lo stesso, pur con molto amaro in bocca. Sapete perché? Il Cagliari ha perso 0 a 2. Al quarantesimo minuto della ripresa, lo juventino Kean ha segnato il secondo gol, senza che il quasi infallibile Cragno potesse opporsi. Subito dopo il gol è andato a esultare sotto la curva del Cagliari, nord o sud, ha poca importanza. La reazione dei tifosi non si è fatta attendere. Risultato? Cori razzisti. Che scandalo. Mi è dispiaciuto per i cori razzisti. Ha gracchiato una tifosa iuventina, ma che il tuo giocatore è andato a esultare sotto la curva avversaria, dopo aver segnato un gol, non te ne sei accorta, o è tutto giustificato, quando si tratta della Juventus? Perché un tifoso non può reagire di pancia, se vede la sua squadra perdere, mentre il giocatore avversario può fare quello che vuole? Non parliamo di colore della pelle, ma di fede calcistica. Ai tifosi del Cagliari non ha fatto piacere quell'esultanza, quasi dirisoria e di che tenore fossero quei cori magari non l'abbiamo sentito, ma dare una connotazione razzista forse è esagerato. Di sicuro, è stata la reazione furiosa dei tifosi rossoblu, che in quel momento non vedevano nemmeno il colore della pelle del giocatore avversario. Se pensiamo che i familiari del tifoso rossoblu, morto d'infarto, dopo la partita Cagliari - Fiorentina, non hanno dato troppa importanza alle parole dette al loro congiunto dai tifosi avversari, come al solito, in questo caso, si sta esagerando a trovare la connotazione razzista dove non c'è.
Cagliari pasticcione, ahimè. Vincere con orgoglio contro l'Inter e perdere rovinosamente contro il Bologna, squadra alla nostra portata. Come si fa a essere così discontinui? Come si fa. Giocatori professionisti che non devono lottare per la salvezza, mannaggia. Da quanti campionati il Cagliari gioca così? Qualcuno parla di schizofrenia, ma l'allenatore c'entra fino a un certo punto. Mastichiamo rabbia e delusione. Cribbio. Si può anche perdere, ma non necessariamente in questo modo e non deve per forza succedere, perché questo è il Cagliari. Sigh.
Un giorno di festa è per festeggiare, ma l'8 marzo cosa dobbiamo festeggiare? Sappiamo che è la commemorazione della morte di centoquaranta donne in fabbrica. C'è poco da festeggiar allora. Veramente poco, ma la vera festa della donna sarà quando capiremo che non abbiamo bisogno di un giorno all'anno per ricordarci, per rispettarci e farci rispettare.
Nei momenti di peggiore sconforto, di fronte a un'ingiustizia insopportabile, un cuore fedele batterà per me, una spada si leverà per difendere i miei diritti e farà piazza pulita di chiunque voglia attentare alla mia serenità.
Non sono spariti i sogni.
Non sono spariti i desideri.
Sono sempre lì, accanto ai bei pensieri.
Finché c'è vita c'è speranza e non chi di speranza vive
disperato muore.
Ognuno la pensa vuole e ognuno dice quello che pensa, a seconda dell'umore del momento.
E adesso cosa sento? Non sono spariti i sogni.
Non sono spariti i desideri.
Sogno sempre e non me ne pento.
Forse pochi non sanno quello vogliono, ma molti non sanno come ottenere quello che vogliono. Che volere sia potere non sempre corrisponde alla verità. Forse solo quello che dipende da noi può essere concretizzato, con la forza di volontà, ma a volte non dipende solo da noi la riuscita, o il raggiungimento di un traguardo.