Scritto da: Francesca Alleva
in Diario (Esperienze)
- Come sei nei rapporti umani?
- Impacciata.
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- Come sei nei rapporti umani?
- Impacciata.
Mi sto rialzando e sto ricominciando a sorridere. Le paranoie stanno iniziando a diminuire, o forse aumenta il mio controllo su di esse, le mie paure le nascondo dietro ai palmi delle mani come sporco, e non sulle nocche come artiglio. Sto sorridendo, quel sorriso in prosa che condividevamo, quel sorriso in poesia che sapevi leggere, quel sorriso che, fugace, ti fece innamorare. E che invece di alimentare, hai ucciso. Sorrido e tu non ci sei, e un po' mi dispiace, di questa me avresti potuto goderne anche tu. Ma se non ci sei è evidentemente perché tu il mio sorriso non lo meriti.
Fuggo l'amore. Fuggo le relazioni. Soffio su castelli di carte e sentimenti. Rado al suolo le parole gentili, le frasi dolci, i complimenti.
"Ciao, però! Sei carina stasera."
"Se vuoi portarmi a letto non sprecare tempo a inventarti complimenti".
Sono un disertore d'amore e romanticismo.
Situazioni come massi di pietra costruiscono piramidi di dolore in cui speri fermamente di soffocare.
L'alcool non collabora, il fumo non assopisce, il dolore fisico non copre, il sesso non aiuta a dimenticare. Lacrime come tizzoni ardenti, unghie come artigli, stomaco come canovacci strizzati. Odio al posto della saliva, acido al posto del sangue. Seppellitemi nel mio dolore come crisalide, sarò una fottuta farfalla degna delle sue ali.
Di biforcuto ho la lingua. Non ferisco con gli occhi, mi si legge dentro tutto quel che penso, non meno le mani, non faccio male ad una mosca, non uso le unghie, mi si spezzano. Ho la lingua con la lama, la mia arma a doppio taglio.
Emoziono in bene o in male, posso leccarti l'orecchio e subito dopo sussurrarti la cattiveria peggiore che ti si possa insinuare dal cervello al cuore. Posso amarti in prosa e insultarti in poesia. Se mi ferisci sarà la lingua a scattare, veloce. Cattiva. Diretta. Biforcuta.
Una punta della lingua è lama, l'altra ama.
Sono quella con l'anima di cera.
Con il calore di una fiamma mi sciolgo, prendo forme artistiche, mi rivelo. Ma se il fuoco si spegne divento gelida come il ghiaccio e per un niente mi spezzo; c'era la mia anima di cera.
Mi rimetto insieme con la fiamma, e da oggi farò sì che sia la mia.
Spesso non ci rendiamo conto dello sporco che abbiamo addosso finché non ce lo vediamo allo specchio. Capita, nella vita, che questo specchio lo diventino gli altri, con avvenimenti simili, dolori uguali o esperienze che somigliano alle nostre: gli altri, specchi di noi stessi.
Ma quando sono gli amici a impersonare il nostro riflesso macchiato ci rendiamo conto di quanto quella polvere e quel fango (ci) facciano male e di quanto desideriamo lavarli via: a loro, e a noi stessi. Ciò che conta è che ne usciamo puliti, e senza più paura della nostra immagine allo specchio.
Persino la distruzione ha diverse facce.
C'è la distruzione di polvere e sangue. Quella di cemento e deserto. La distruzione di cenere e verde. Quella silenziosa e mentale. Quella rumorosa e applaudita.
E la distruzione domino, che mentre distrugge costruisce qualcosa di inimmaginabile.
Io non fingo, né ho molte facce.
Semplicemente non nascondo ciò che penso.
Come tutti ho le mie perversioni e può capitare che le dica, sono volgare e non mi è facile trattenermi, sono acida d'istinto e questo mi porta a non nascondere nemmeno un romanticismo intrinseco che dura giusto la notte.
Sono anche moralista su alcune cose, come tutti e come tutti sono ignorante su alcune cose quanto saccente su altre.
Non ho niente di più e niente di meno di tutti gli altri.
Forse sono solo capace di non nascondere né mani né pietre.
La penombra dovrebbe essere uno stato d'animo.
La penombra rende tutto perfetto, smussa gli spigoli, sfuma i colori, arrotonda la carne.
Innalza gli archi.
Amplifica i movimenti.
Illumina gli occhi.
Nasconde le paure.
Abbraccia la timidezza.
Scaccia il tempo.
Come ti senti? In penombra.
Sarebbe perfetto.