Sei quella ferita che batte in un angolo della mia testa.
Quella ferita, la tua, inferta da me, solo per mettermi in salvo.
Sono in salvo, ora, certo.
Ma non da me stessa.
E nemmeno dalla tua assenza.
Sanguina, la sento gocciolare, scandire i minuti che mettono distanza tra noi.
Gocciola come i miei occhi, neutri alla massa.
L'ultimo riflesso di noi si è specchiato in quell'addio stampato nero su bianco.
E non è tanto il fatto che ora sia costretta ad espiare in solitudine a tormentarmi, quanto il sapere che non potrò nemmeno tentare di curarti con le mie carezze.
Ma io lo so, lo so che non si accettano le carezze del nemico, dopo.
Non si accettano le carezze di chi teneva il nostro cuore in pugno e non ha fatto nulla per evitare di stritolarlo.

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