Le migliori frasi inserite da ANTONIO PISTARA’

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Scritta da: ANTONIO PISTARA’
Il pensiero della scomparsa di un figlio sconquassa, spacca, massacra, stordisce, annienta, devasta l'esistenza ed il significato stesso dell'essere genitore: chiunque sa parli ora!
Yara Gambirasio deve essere ritrovata!
Non possiamo permettere che il caso Gambirasio si manifesti ancora una volta attraverso questo "male assoluto" che sembra non voler andare più via da questa nostra, triste, società.
Mettiamo tutti una mano sul cuore dei genitori in silente e composto
rispetto ma, nel frattempo, utilizziamo l'altra per mobilitarci, scrivere, parlare, diffondere il messaggio che deve passare: Yara Gambirasio deve tornare a casa!
Con affetto sincero.
L'autore.
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    Scritta da: ANTONIO PISTARA’
    Ai genitori di Gaia Benedetta Sciacca:

    11 luglio 2000
    11 settembre 2010

    Un nome con un significato importante da portare, quasi beffardo per il destino che ti ha atteso; Gaia, dal greco antico significa "terra": ed alla terra sei ritornata, quasi fosse un presagio... Inoltre la parola greca "gaio" significa "gioire" e ha la stessa radice del verbo "ganumai" che significa "brillare di gioia, essere felice o raggiante, esultare"; la Tua immagine, i Tuoi occhi, Il Tuo sorriso sono un trionfo della gioia sulla vita... comunque sia finita.
    L'essere genitore, donare amore al proprio figlio e vederlo, poi, volare via è di per sè quanto di più violento e traumatico possa accadere nella vita di un genitore ma, nel caso di Gaia, si è di fronte alla vittoria ed alla sconfitta del dolore paralizzante con quell'energia che muove tanti genitori a sostegno della ricerca contro i drammi di questa tremenda malattia: "Il Cancro".
    Impariamo dalla "morte" e scopriremo che il significato della vita, che duri cent'anni o brevi istanti, assume un significato al di là di qualunque aggettivo, parola o frase detta o semplicemente taciuta.
    "La morte ci misura con la vita".
    Ella ci dà la dimensione reale delle cose secondo la giusta prospettiva: mettendo a fuoco ciò che abbiamo sempre voluto osservare da lontano con gli occhi degli altri e senza paura di affrontare i problemi della vita che, scioccamente, ci sembrano essere irrisolvibili e grandi.
    "Gaia, tu devi essere "un mattone d'esperienza" nella grande costruzione della casa più importante per l'umanità intera: La Speranza".
    "Fin quando la luce della speranza sarà accesa, noi che restiamo e quelli che verranno, avranno ancora la possibilità di credere: oggi, domani... tutti insieme. Con Te, da Te e Per Te".
    Composta sabato 11 settembre 2010
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      Scritta da: ANTONIO PISTARA’
      In orgoglioso rispetto e silente "parola" invito tutti a questa riflessione.

      A tutte le persone che oggi non trovano, dentro le proprie carni, modo di estinguere "quel fuoco" che brucia i visceri e consuma dal dolore e dalla disperazione, piangendo sulla bara del proprio figlio/a, marito, compagno, conoscente, parente; a tutti voi: imparate quel processo difficilissimo che ci rende così legati alla "materia corpo" dei nostri cari cambiando, per un attimo prospettiva.
      Il corpo altro non è che un involucro attraverso il quale differenziarci l'uno dall'altro. (Questo è un mezzo convenzionale per l'umanità, indispensabile sin quando popoleremo questa terra, ma non è il fine! Quest'ultimo deve essere il più nobile di tutti; l'amore che ognuno porta dentro sé e che si deve imparare a gestire in maniera nuova, diversa anche con grande sofferenza iniziale).
      L'amore riposto in esso non va "all'involucro" che ci identifica e ci permette di innamorarci, riconoscerci, amarci, odiarci, pensarci, bensì a ciò che ci sta dentro e che anche la scienza riconosce; "energia pura"... siamo energia; c'è chi la chiama anima, spirito, ect... non importa, ma dobbiamo imparare che "quella" ci accompagnerà sempre e si manifesterà in ogni istante: basta saper cambiare prospettiva e saper tradurre il dolore in altra "energia" per entrare in contatto e assonanza con quest'ultima.

      Bisogna "credere" che, da sempre, il mezzo con cui l'uomo riconosce se stesso e gli altri è per mezzo della materia; questa ci rende capaci di identificare nostro figlio da un nostro conoscente o marito, ci permette di riporre in essa "l'affezione" che ci permette di amare in diverso modo ogni essere umano generato, per forza di cose da un altro suo simile.

      Adesso; per un attimo, in religioso silenzio e rispetto cerchiamo di pensare che: poteva capitare a chiunque, potevano essere i nostri "morti" e non quelli degli altri; come purtroppo, spesso, siamo abituati a pensare che eventi come "quelli dell'Abruzzo" siano lontani, in fondo, e che in qualche modo non siamo noi a soffrire, non è il nostro figlio a non esserci più, non è il nostro compagno che lotta tra la vita e la morte, no, no... queste sono le sofferenze degli altri, lontane, viste o sentite dietro un televisore magari seduti comodamente al caldo nel tepore delle nostre case o in compagnia dei nostri affetti poiché, per istinto di conservazione della specie siamo abituati a scalciare o rimandare "il dolore" che una tragedia, come quella appresa, comporta ma dobbiamo sapere che, invece, può succedere a chiunque, anche a noi che ci crediamo immuni e invincibili. Riflettiamo e, se possiamo, diamo nel nostro piccolo il massimo contributo ad alleviare il dolore dei nostri fratelli in qualsiasi modo e forma che sia denaro, vestiti, ospitalità o il solo accendere delle candeline agli angioletti e a tutte le persone che non ci sono più in occasione "del mistero dei misteri dell'umanità"; la morte.
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