Questo libro nasce come un grido quasi disperato contro ogni tipo di violenza e abuso. Contro ogni imposizione che non rispetti la dignità di ognuno di noi. Ma il mio grido più forte lo dedico a tutti quei bambini cui viene strappata l’innocenza con atrocità. A quei bambini io mi stringo con affetto e, insieme a loro, grido "basta!".
Il mio non vuole essere un semplice grido, ma un abbraccio forte e sincero verso coloro che non hanno più la forza di sorridere o di combattere. Il mio è anche un invito a lottare e ad amare la vita, anche quando sembra che la vita non ci ami.
Perché dopo ogni tempesta, torna a splendere il sole.
Parte del ricavato di questo tomo, come è ormai consuetudine per i libri "Edizioni PensieriParole", verrà devoluto alla Fondazione Città Della Speranza ONLUS (autorizzazione 055/10 VI).
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Prefazione di Barbara Brussa
È fuoco e gelo, questa sesta opera di Silvana Stremiz: il fuoco della ribellione contro le umane ingiustizie; il gelo che pervade il cuore di chi le subisce.
Come un pugno in pieno stomaco, questo libro scuote le coscienze e apre il sipario su un mondo dominato dagli orrori.
Basta! Già il titolo fa presagire qualcosa di agghiacciante e, mentre ci si addentra nel vivo di quest’opera, ci si sente strangolare dalla mano crudele della Violenza.
Storie di “ordinaria” follia che precipitano in un terribile e assordante silenzio.
Il silenzio di quelle anime violate, che non hanno più voce per urlare il proprio dolore.
Il loro silenzioso addio ai sogni, alla felicità, e spesso all’infanzia. È proprio il tema della pedofilia, quello che più colpisce il lettore e stimola la sensibilità dell’autrice:
“Era come se mi avessero rubato le favole, tagliato la testa al Principe Azzurro, spaccato le gambe al cavallo bianco e, improvvisamente, perfino Biancaneve restava addormentata e Cenerentola rimaneva una serva.”
Da: La storia di Anna
E poi il silenzio di chi non s’indigna, di chi rimane indifferente, e quello omertoso di chi sa, ma preferisce tacere, diventando – di fatto – complice di quegli “avanzi” d’uomo che compiono crimini terribili, ai danni delle persone più deboli e indifese.
Nei brani di Silvana Stremiz, si sente forte il senso di vuoto interiore che colpisce ogni vittima di Violenza.
Oltre alla rabbia e alla frustrazione si sente, quasi fisicamente, l’ombra schiacciante dell’umiliazione, della paura, della vergogna, e di quel terribile senso di sporco che lascia impronte sudicie e indelebili sui fogli del presente, ma anche su quelli del futuro che, fino a un attimo prima, erano ancora immacolati.
La pedofilia è il crimine più orribile che un essere umano possa compiere: con un solo gesto, vengono assassinati tutti i sogni, la bellezza e l’incanto dell’infanzia, che dovrebbero invece essere un diritto intoccabile di tutti i bambini.
Bambini, che passeranno il resto della loro vita a cercare di anestetizzare un simile dolore. Uccidere un’anima è ancor peggio che uccidere un corpo. Non v’è pace né fine al tormento e agli incubi.
La violenza, sovente, ha il volto rassicurante della normalità, della familiarità. Ce lo conferma Anna – una delle protagoniste di questo libro – che si sente uccisa due volte, proprio da chi avrebbe dovuto proteggerla e amarla in modo sano e normale:
“Mi avevano insegnato a non fidarmi degli sconosciuti, perché avrei potuto contare sulle persone della famiglia. E tu, lurido bastardo, ne facevi parte, eppure mi hai uccisa”.
Da: Lettera di Anna allo zio
Tradita poi anche da una madre (la sua), probabilmente culturalmente impreparata per reggere e sconfiggere il peso di quella “vergogna”:
“L’omertà era di rito quando la verità era troppo cruda e scandalosa da raccontare. Il silenzio valeva più del dolore. Ebbi perfino paura di raccontarle la verità”.
Da: La storia di Anna
Chi ha subìto violenza, dovrebbe sentirsi libero di poter raccontare gli orrori che ha vissuto, senza che debba sentirsi giudicato mai. Ma il condizionale, alla fine di questa lettura, appare d’obbligo…
Sul tema spinoso della pedofilia, l’autrice ha anche inserito una poesia particolarmente toccante di Francesco Andrea Becca, che esprime magistralmente il senso di vuoto e di perdita che i bambini abusati lasciano nell’anima del Mondo:
“Chi vi ha ucciso?
Chi vi ha messo a giocare con la vita?
Dove si reggono le vostre altalene?
Perché sono silenziose le vostre scie?
Solo rigano di pietà la fredda pelle di questo oceano.
Oceano deserto e neutro
incapace di riflettere le vostre stelle”.
Da: Altalene sull’acqua
In questo libro si parla anche di Libertà. La Libertà di poter scegliere di morire, quando la vita che si è costretti a vivere è una non-vita.
L’autrice non intende promuovere una battaglia a favore dell’eutanasia, ma desidera esprimere il proprio pensiero in favore della libertà individuale: un diritto imprescindibile di tutti.
A tal proposito, vi è una sezione del libro dedicata al “Caso Englaro”, che tanto ha fatto discutere l’opinione pubblica.
“Una storia straziante, a prescindere dall’epilogo. Essa non avrebbe avuto vincitori ma solo sconfitti, perché il dolore non permette vincitori. La morte non regala mai un sorriso ma, a volte, può dare sollievo a chi soffre, può liberare il corpo da sofferenze più grandi”.
Questo, in sintesi, è il pensiero di Silvana Stremiz.
Un’altra splendida poesia di Francesco Andrea Becca, poi, avvalora ciò in cui lei stessa crede:
“Non vendetti mai a mercanti di salvezza
Non vi appartenne la vita Mia
Non mi appartengono le voci urlanti la giusta verità
Fui bambino
degno di vivere in uomo
Sognai e Amai
questa Mia dolce fine
Sappiate riceverne il senso
Sappiate rendermela in dono”.
Da: Fui Bambino
Quest’opera termina con una lettera dell’autrice ai suoi figli, nella quale parla di Fede, di Rimpianti, della Vita e i suoi Sensi. I sensi veri della vita, e tutto ciò che da essi si può imparare, per cercare di essere delle persone migliori. Un grande dono, questo, che per un figlio sarà di inestimabile valore.
Dopo tanti orrori, alla fine, troviamo la forza d’animo di Silvana che accende la luce della Speranza, per illuminare la vita, anche e soprattutto, di chi ha vissuto nel buio più nero.
Basta! Un grido collettivo per dar voce a chi non ne ha più, per palesare il dolore di costoro perché sia il dolore di tutti quelli che aborrono simili nefandezze, perché sia un grido unanime che possa sconfiggere la crudeltà.
Fermiamoci un istante ad ascoltare la disperazione che trapela da queste pagine e un Basta! di ribellione a certe atrocità nascerà spontaneo nel nostro intimo, facendoci riflettere e, possibilmente, agire di conseguenza, in tutti i modi in cui ci sarà possibile farlo.
Questo non è un semplice libro di racconti e poesie, ma un faro che illumina le menti, con la speranza di riscaldare tanti cuori.
È una carezza simbolica di Silvana Stremiz, a tutte le anime graffiate dalla Crudeltà.
Facciamone tesoro!
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Il libro in questione è il sesto lavoro della Stremiz, ma ha delle differenze sostanziali rispetto alle raccolte che lo hanno preceduto: di intenti, di forma, di comunicazione.
La Stremiz, infatti, si è sempre rivolta ai suoi lettori, tramite delle poesie, vestendo i panni di donna, di moglie, di madre. Condividendo il suo sentire e le sue emozioni, soprattutto rivolte a un universo femminile.
Questo recente lavoro, invece, è un'indagine tra il dolore di chi subisce violenza.
All'inizio del libro troviamo due prefazioni, la prima di Marzia Carrocci, la seconda di Barbara Brussa, la quale ha inserito all'interno anche un suo testo. Il libro contiene, inoltre, poesie di Francesco Andrea Becca.
Questa raccolta la possiamo suddividere in tre parti: la prima si rivolge alla pedofilia, narrando attraverso la testimonianza di una donna che l'ha subita il suo comprensibile odio, accompagnata, quindi, da diversi testi della Stremiz.
Se il rancore è accettabile da parte della vittima, sappiamo bene che non può limitarsi a un suo crescendo sterile, cosa che non sarebbe di alcun aiuto né per la vittima stessa, né per la comprensione di come mai accadano fatti di tale gravità.
Infatti, Silvana, nonostante ci mostri solo questo lato della medaglia, è sicuramente consapevole di questo. Lo dimostrano alcune frasi racchiuse fra i suoi testi, dopo le prime poesie nude e crude, troviamo una pennellata di respiro e si speranza, come in Non mollare non lo fare...
"Per ogni secondo, per quel respiro che ti viene tolto
e quello profondo che poi ti viene dato,
per l'amore che potrai vivere,
per quei colori che potrai vedere."
La sua attenzione si rivolge, quindi, alla prostituzione, passando brevemente per un altro fatto di cronaca che ha sconvolto l'opinione pubblica, il delitto del piccolo Tommaso Onofri.
"Per fare un angelo
Per fare un "angelo"...
troppe lacrime vengono versate."
Silvana si fa delle domande, scava nei suoi dubbi, a volte osando andare perfino contro un Dio che ritiene responsabile del male terreno. Perché non allunga una mano e non impedisce quanto accade nelle umane vicende.
Durante il percorso narrativo, suddiviso fra racconti e poesie, riesce a trarre qualche piccola risposta. Vediamo ad esempio: Perché la vita è fatta di momenti di grande e piccola felicità, di grandi e piccoli tormenti, di tristezza e disperazione, accompagnati dalla speranza. Essa è fatta anche di periodi bui in cui, improvvisamente, si accende una luce che ci fa vedere tutto in modo migliore.
La seconda parte è rivolta all'eutanasia, e ce la narra attraverso un altro fatto di cronaca noto a tutti, quello di Eluana Englaro.
"Se la mia vita "vita non è"
Toglietemi le macchine
e il cibo che non "mangio"
e l'acqua che non "bevo".
Non fatemi subire una vita
che "vita non è"."
La terza parte è dedicata ai suoi figli, in una sorta di testamento epistolario, dove spiega cosa vorrebbe per se stessa e per loro.
Dove la sua vita ce la espone senza veli, narrando di suo padre, del suo sentire.
Un libro non facile da scrivere, dove ci sarebbe stato ancora molto da dire, passando dalle vittime e procedendo oltre, perché la ricerca deve proseguire e cercare di comprendere anche più in là di dove il cuore sosta indignato.
Silvana ha mostrato i lati di una sofferenza istantanea, istintiva.
Con le sue domande, i suoi dubbi, la sua ricerca interiore, ha già intrapreso il cammino per andare oltre e cercare un senso al dolore che non deve mai essere fine a se stesso, ma sempre e comunque di aiuto agli altri.
-- Miriam Ballerini
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Fra i quasi 3000 titoli della mia "Biblioteca Privata" ora ho aggiunto "Basta! Un Urlo che squarcia il silenzio" di Silvana Stremiz.
L'autrice ha scritto 6 libri di cui io ho letto e ne possego 4: " La Vita con i miei occhi", "Un Tempo Chiamato Vita", "Sospiri Condivisi" e "Basta! Un urlo che squarcia il silenzio".
Quest'ultima opera si distingue decisamente dagli altri. Tratta argomenti toccanti, con una penna decisamente bella e capace Squarcia l'anima in due per poi riempirla di speranza e vita.
Il libro è scritto in prima persona pertanto chi legge si trova ad essere lui stesso parte del racconto, sentendo su sé stesso la violenza subita dalla piccola Anna.
Vede spezzarsi in due la fanciullezza, e sente vivo il dolore che lo trafigge.
È un libro di denuncia sociale un grido disperato contro ogni tipo di violenza. Si alterna fra racconti e poesie.
È un libro di poesie? No, decisamente è un libro di narrativa, di cronaca, arricchito dall'animo poetico della scrittrice con poesie di dolore e speranze.
Un libro decisamente da leggere, forte deciso che "sanguina" ma che dona la speranza a chi nella vita non crede più.
Tratto dalla Prefazione di Marzia Carocci
In un mondo distratto, privo di valori, dove l'individuo si concentra sull'edonismo, sulla materialità, sulla superficialità e l'indifferenza, ci sono scrittori attenti, che invece puntano il pensiero sull'essenzialità, sulla realtà, sulle piaghe del nostro vivere quotidiano, quel vivere occulto, nascosto, celato e drammaticamente presente.
La poetessa - scrittrice Silvana Stremiz, fa parte di quel genere di autori che sanno osservare e denunciare sottolineando con il cuore e la sensibilità di chi non si nasconde dietro false retoriche, mettendo il lettore a conoscenza di fatti e vicende dolorose dei giorni nostri; pedofilia, violenza sulle donne, dilemmi sulle coscienze come la storia tristemente famosa di Eluana Englaro.
Fatti che scuotono le coscienze, facendoci spesso sentire limitati e impotenti, spettatori d'un vuoto esistenziale.
Un libro decisamente da leggere e ascoltare.
-- Paola Giordano (Gorizia 18 settembre 2010)
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Purtroppo niente di più attuale infatti, la cronaca odierna tratta una vicenda dello stesso tenore ma, purtroppo, con risvolti ed epilogo tragici infatti Sara è stata anche uccisa fisicamente mentre, Anna è stata colpita nel morale e negli affetti soffrendo per anni. In ambedue i casi si tratta di una persona di famiglia, uno zio materno per Anna e paterno per Sara e, l'appartenenza alla famiglia aggrava ancora di più, se possibile, il comportamento il quale, per Anna, è aggravato dall'omertà vile e priva di sentimento imposta dalla madre alla quale Anna si era rivolta per essere protetta e consolata.
Storie di vita vissuta o soltanto immaginate dall'Autrice che ne tratta in modo talmente sentito da coinvolgere il lettore nella comprensione e nell'esecrazione. Purtroppo, i tempi che stiamo vivendo, sono quasi del tutto privi dei valori in base ai quali si allevavano le passate generazioni e ciò contribuisce a ingenerare comportamenti deprecabili nei quali prevaricazione e violenza hanno sostituito ragionamento, sentimento, pietà e considerazione per il prossimo, nel quale è purtroppo compresa, spesso, anche la famiglia.
Bene fa la Stremiz a rivolgersi al figlio nei giusti termini, senza forzature ma attraverso consigli e ragionamenti ispirativi infatti, le imposizioni non sono ben accolte nel mondo odierno e provocano, per lo più, reazione e rifiuto.
Pur condividendo il pensiero dell'Autrice sull'eutanasia, non avrei trattato l'argomento nel libro in esame se non per quanto concernente la Fede in Dio che deve esistere nonostante situazioni incomprensibili e, in casi particolari, difficilmente condivisibili.
Azzeccate le illustrazioni a cominciare dalla prima di copertina e quella delle mani sporche a pagina 34, giuste le dediche.
-- Guido Bava