Le migliori poesie di Ada Negri

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Scritta da: Silvana Stremiz

Anniversario

Non chiamarmi, non dirmi nulla
Non tentare di farmi sorridere.
Oggi io sono come la belva
che si rintana per morire.

Abbassa la lampada, copri il fuoco,
che la stanza sia come una tomba.
Lascia ch'io mi rannicchi nell'angolo
con la testa sulle ginocchia.

L'ore si spengano nel silenzio.
Salga in torbide onde l'angoscia
e m'affoghi: altro non chiedo
che di perdere la conoscenza.

Ma non è dato. Quel volto,
quel riso l'ho sempre davanti.
Giorno e notte il ricordo m'è uncino
confitto nella carne viva.

Forse morire io non potrò
mai: condannata in eterno
a vegliare il mio strazio in me,
piangendo con occhi senza palpebre.
Ada Negri
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Notturno nuziale

    Quando tu venisti, una notte, verso il suo letto, al buio,
    e le dicesti, piano, già sopra di lei: Non ti vedo, non ti sento.
    E la ghermisti con artiglio d'aquila, e tutta la costringesti nella tua forza
    riplasmandola in te con tal furore ch'ella perdette il senso d'esistere.
    E uno solo in due bocche fu il rantolo e misto fu il sangue e fu il ritmo perfetto,
    e dal balcone aperto la notte guardava con l'occhio d'una sola stella
    rossastra,
    e il sonno che seguì parve la morte, e immoti come cadaveri
    la tristezza dell'ombra vi vegliò sino all'alba.
    Ada Negri
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      Scritta da: Valeria S

      Lettere

      Brevi erano le tue lettere, precise, tutte muscolo e nervo,
      di mano più usa al compasso, alla squadra, al gesto del duro comando.
      Dicevan le semplici cose con semplici nude parole;
      ma due ne portavano in fine, due, sempre le stesse: "Sei mia".
      E quando ella giungeva, leggendo, al termine noto,
      s'abbandonava all'indietro, vuotata del sangue, morente d'amore.
      Ombre violacee intorno alla socchiusa bocca, all'affilato naso
      precipitoso palpito delle vene gonfiate alle tempie alla gola
      cecità delle palpebre, tensione delle mascelle nel desiderio
      faccia di donna agonizzante in estasi, tu non la vedesti,
      nessuno la vide. Era sola.

      Ora, ogni notte, la donna che più non vorrebbe esser viva
      nel vuoto della sua casa che ha odore di cenere spenta
      scioglie un pacco di lettere legato con un nastro nero.
      E legge; e, giunta al termine ben noto che a ognuna è sigillo,
      ancor s'abbandona all'indietro, vuotata del sangue, morente d'amore.
      Così, dalla tomba, con dura predace potenza di sillabe scritte
      tu l'imprigioni, o scomparso, tu la possiedi così.
      Ada Negri
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        Scritta da: Lucio Dusso

        Il dono

        Il dono eccelso che di giorno in giorno
        e d'anno in anno da te attesi, o vita
        (e per esso, lo sai, mi fu dolcezza
        anche il pianto), non venne: ancor non venne.
        Ad ogni alba che spunta io dico: "È oggi":
        ad ogni giorno che tramonta io dico:
        "Sarà domani". Scorre intanto il fiume
        del mio sangue vermiglio alla sua foce:
        e forse il dono che puoi darmi, il solo
        che valga, o vita, è questo sangue: questo
        fluir segreto nelle vene, e battere
        dei polsi, e luce aver dagli occhi; e amarti
        unicamente perché sei la vita.
        Ada Negri
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          Fontana di luce

          Nel marzo ebro di sole il grande arbusto
          in mezzo al prato si coprì di gialli
          fioretti: le novelle accese rame
          salenti e ricadenti con superba
          veemenza di getto dànno raggi
          e barbagli a mirarle; e tu quasi odi
          scroscio di fonte uscir da loro; e tutta
          la Primavera da quell'aurea polla
          ti si versa cantando entro le vene.
          Ada Negri
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            Sinfonia azzurra

            Venne in cerca di te
            nella calda notte, lungo le strade dai fanali azzurri.
            Tutte le strade, allora, la notte erano azzurre
            come le vie dei cieli,
            e il volto amato
            non si vedeva: si sentiva in cuore
            E ti trovò, o dolcezza, nell'ombra
            casta, velata d'un vapor di stelle.
            Fra quel tremolìo d'astri
            discesi in terra,
            in quell'azzurro di due firmamenti
            l'uno a specchio dell'altro, ella
            ella pure rispecchiò in te l'anima sua notturna.
            E ti seguì con passo di bambina
            senza sapere, senza vedere, tacita e fluida.
            E allor che il giorno apparve
            con fresco riso roseo su l'immenso turchino,
            non trovò più se stessa
            per ritornare.
            Ada Negri
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              Nel paese di mia madre

              Nel paese di mia madre v'è un campo quadrato, cinto di gelsi.
              Di là da quel campo altri campi quadrati, cinti di gelsi.
              Roggie scorrenti vi sono, fra alti argini, dritte, e non si sa dove vanno a finire.
              La terra s'allarga a misura del cielo, e non si sa dove vada a finire.

              Nel paese di mia madre v'han ponti di nebbia, che il vento solleva da placidi fiumi:
              varca il sogno quei ponti di nebbia, mentre le rive si stellan di lumi.
              Pioppi e betulle di tremula fronda accompagnan de l'acque il fluire:
              quando nè rami s'impigliano gli astri, in quella pace vorrei morire.

              Nel paese di mia madre un basso tugurio sonnecchia sul limite della risaia,
              e ronzano mosche lucenti, ghiotte, intorno a un ammasso di concio.
              Possanza di morte, possanza di vita, nell'odore del concio: ne gode
              la terra dall'humus profondo, sotto la vampa d'agosto che immobile sta.

              Nel paese di mia madre, quando il tramonto s'insaguina obliquio sui prati,
              vien da presso, vien da lontano una canzone di lunga via:
              la disser gli alari alle cune, gli aratri alle marre, le biche all'aie fiorite di lucciole,
              vecchia canzone di gente lombarda: "La Violetta la vaaa la vaaaa... "
              Ada Negri
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                Scritta da: Lucio Dusso

                La madre

                Vedova, lavorò senza riposo
                per la bambina sua, per quel suo bene
                unico, da lo sguardo luminoso;

                per essa sopportò tutte le pene,
                per darle il pan si logorò la vita,
                per darle il sangue si vuotò le vene. -

                La bimba crebbe, come una fiorita
                di rose a maggio, come una sultana,
                da la materna idolatria blandita;

                e così piacque a un uom quella sovrana
                beltà, che al suo desio la volle avvinta,
                e sposa e amante la portò lontana!...

                ... Batte or la pioggia dal rovaio spinta
                ai vetri de la stanza solitaria
                ove la madre sta, tacita, vinta:

                schiude essa i labbri, quasi in cerca d'aria;
                ma pensa: "La diletta ora è felice... ".
                E, bianca al par di statua funeraria,

                quella sparita forma benedice.
                Ada Negri
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                  Scritta da: Silvana Stremiz

                  Il sole e l'ombra

                  Sole di mezzogiorno, nel luglio felice, sulla piazza deserta:
                  piazza lontana di città lontana, tu ed il tuo uomo,
                  e quello era il mondo.
                  Bianca nella tua veste, bianca vibratile fiamma tu pure,
                  nell'abbaglio d'incendio dell'aria.
                  Bianco il tuo riso perduto nel riso di lui, fresco di polla il
                  tuo riso d'amore tra il vasto fulgere ed ardere.
                  Non sarebbe discesa la notte, non sarebbe venuto il domani,
                  tua la luce, tuo l'uomo, tuo il tempo.
                  Fermasti il tempo in pieno sull'ora solare per cui in terra
                  tu fosti divina:
                  il resto è ombra e polvere d'ombra.
                  Ada Negri
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                    Scritta da: Silvana Stremiz

                    Giardini nascosti

                    Amo la libertà dè tuoi romiti
                    vicoli e delle tue piazze deserte,
                    rossa Pavia, città della mia pace.
                    Le fontanelle cantano ai crocicchi
                    con chioccolìo sommesso: alte le torri
                    sbarran gli sfondi, e, se pesante ho il cuore,
                    me l'avventano su verso le nubi.
                    Guizzan, svelti, i tuoi vicoli, e s'intrecciano
                    a labirinto; ed ai muretti pendono
                    glicini e madreselve; e vi s'affacciano
                    alberi di gran fronda, dai giardini
                    nascosti. Viene da quel verde un fresco
                    pispigliare d'uccelli, una fragranza
                    di fiori e frutti, un senso di rifugio
                    inviolato, ove la vita ignara
                    sia di pianto e di morte. Assai più belli
                    i bei giardini, se nascosti: tutto
                    mi pare più bello, se lo vedo in sogno.
                    E a me basta passar lungo i muretti
                    caldi di sole; e perdermi nè tuoi
                    vicoli che serpeggian come bisce
                    fra verzure d'occulti orti da fiaba,
                    rossa Pavia, città della mia pace.
                    Ada Negri
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