I desideri stavano strappandomi l'anima. Potevo viverli, ma non ci son riuscito. Allora li ho incantati. E a uno a uno li ho lasciati dietro di me... Ho disarmato l'infelicità. Ho sfilato via la mia vita dai miei desideri. Se tu potessi risalire il mio cammino, li troveresti uno dopo l'altro, incantati, immobili, fermati lì per sempre a segnare la rotta di questo viaggio strano che a nessuno mai ho raccontato se non a te.
Il mare immenso, l'oceano mare, che infinito corre oltre ogni sguardo, l'immane mare onnipotente - c'è un luogo dove finisce, e un istante - l'immenso mare, un luogo piccolissimo un istante da nulla.
E tutti ci ricorderemo dove eravamo in quel momento. Seduti in macchina a cercar parcheggio, con la testa tra i surgelati a cercar la paella, davanti al computer a cercare la frase giusta. Poi uno squillo di telefonino, e l'amico, il parente, il collega che ti staccano una storia inverosimile di aerei e grattacieli, ma và via, dai, lasciami perdere che oggi è già una giornata difficile, ma lui non ride e dice: ti giuro che è vero. Ricorderemo l'istante passato a cercare in quella voce una qualunque sfumatura di ironia, senza trovarla. Ti giuro che è vero. E non dimenticheremo la prima persona a cui abbiamo telefonato, subito dopo, e nemmeno quel pensiero - immediato, sciocco ma incredibilmente reale - "Dov'è mio figlio? ", i miei figli, la mamma, la fidanzata, domanda inutile, perfino comica, lo capisci subito dopo, ma intanto è scattata - la Storia siamo noi, è solo un verso di una canzone di De Gregori, ma adesso ho capito cosa voleva dire - risvegliarsi con la Storia addosso. Che vertigine.