È ‘na cosa che se dicea ‘na vorta tanto tempo fa. Er surtano a li giudichi dice che stanno a sbajà e che er fijo in Italia a studià a da tornà. Semo proprio ridotti male se ar maomettano permettemo de criticàcce a casa nostra. Io je vojo di ‘na cosa si li giudichi l’hanno indagato quar’cosa er regal rampolo ha combinato. Er surtano se svejato e cor ricatto a noi l’urtimatum a dato a li sudditi sua dovemo aprì le frontiere altrimenti li barconi de migranti arriveno a schiere. È si perché mo ce staranno puro li dissidenti turchi a fa aumentà li sbarchi. Nu basteno quelli che c’annamo a pià ‘n mezzo ar mare che a guardà li video che se fanno quanno vedeno ‘na nave co li serfi co la “V” de vittoria nella mano ben arzata a dicce “Ao semo arivati, semo li mejo”. Se credeno che tutto je dovuto e se je dicemo quar cosa che nu je sta bene, st’ommini che so l’urtimo anello de congiunzione tra li primati e l’omo, che mancava, co tanta superba presunzione quanno ‘n poro ferroviere je chiede er bigljetto lo massacreno de botte, anche si è piccolo e magretto. Regà sapete di chi è la corpa de tutto questo de li bonisti che c’avemo a capo, e che detesto. Ora dentro casa c’avemo pure quella che se crede Madre Teresa quella però era ‘na Santa donna che ‘nvece de stassene dentro ar convento a dì er rosario s’è rimboccata le maniche e è partita senza gnente pe’ aiutà li poveracci all’artro capo der monno. Pe’ n’inciucio la signora s’è seduta su ‘no scranno e da maomettana se vestita pur di non contradirli, e li crocifissi da le scole vole toje pe’ nu non offendeli. Tradizioni antiche vo leva e alle radici nostre n’antro vorto je vo’ da. Je piace lo stile de vita de li migranti dice che ce porteno cultura e saranno la faccia de l’Italia futura. Lei va cantando che li dovemo accoje perché scappeno da la guera ma si te fai du carcoli so più omini quelli che ariveno quar’cosa nu torna loro scappeno e lasceno moje e fiji sotto a ‘n treno. È ‘nutile rimuginà su ste cose tanto se nu se svejamo l’Italia nostra a puttane v’iè mannata e fra qua’ anno a Roma se parlerà solo er nigeriano. Li poveri italiani so diventato ‘n peso pe lo stato e stanno aspettà solo che se moreno e così ce potranno dì che c’aveveno ragione loro che sti migranti so ‘na risorsa e che l’Italia e ‘na nazione ormai trascorza. Tutto questo ce dovemo ritrovà pe’ una che je piace er maometano e pe corpa ‘n bambino un po’ cretino che quanno l’Europa je dice zitto e bono trova ‘ncatuccio pe annasse a nasconnà ‘ndo le ferite de l’orgoglio se pò leccà.
Avvolto nella rossa tunica dell'oblio consegno l'anima al demone oscuro che con nere lame di basalto uccide l'ultimo barlume d'amore. Nuvole tenebrose sull'orizzonte del fato foriere di speranza perduta cuore imprigionato nello specchio della vita ridotto in mille pezzi sparsi nel lago dei sogni infranti. Nessuna voce nessun canto sulle ali del vento e nel silenzio solo le urla di un'anima trafitta.
Una bottiglia vuota ai piedi del divano nascondo nel suo fondo un'anima travagliata lacerata dalla rabbia. Cuore ghiacciato liquido ambrato dispensatore di effimere illusioni. Visioni appannate momenti mancati occasioni perdute. Lacrime amare versate in silenzio euforia isterica. Stretta al petto quest'ultima muta compagna non giudica. Io schiavo ubbidiente al suo richiamo.
Chi sono io anima tormentata o brezza leggera che dolcemente sfiora le cime degli alberi. Chi sono io oscura ombra notturna o stella nascente a prima sera. Chi sono io stagno melmoso o spuma d'onda marina. Chi sono io, veleno mortale o nettare d'ambrosia. Chi sono io uomo che brama la morte o luminoso alito di vita. Io sono figlio dell'aria dell'acqua della terra del fuoco. Io sono atomo ed energia. Io sono l'universo tetro vuoto e astro splendente. Io sono in equilibrio, tra oscurità e luce e in questo eterno conflitto. Io sono perché esisto.
Un respiro carico di emozioni veleggia empirico nell'aria gabbiano solitario nel teorema cerca il suo corollario. L'essere crea vivida illusione sensazioni e passione fondono corpo e anima unico pensiero non si deprima. Lo spirito brucia la carne nelle vene caldo e bollente l'erotismo brama diuturne immagini della mente. Vellutate carezze sussurri e gemiti allontanano l'amarezze che al sogno ghermiti. Rompono il silenzio dell'alcova dissolve del cuore l'artifizio dall'onirico realtà innova. Nulla più conta l'estasi repressa nei sussulti allenta il ventre sconquassa. Inonda con calda marea. Visione dell'Io scultorea.
È sera, il letto è freddo, chiudo gli occhi e cavalco le ali di un sogno unico reale e impalpabile. Innegabile frutto del ricordo di quell'unica notte quando il paradiso è sceso sulla terra. La mente vola lontano si perde nei meandri onirici di versi sussurrati al cuore per un amore nato nella poesia. Gira tra luoghi percorsi, le emozioni si trasformano in un'opera le parole viaggiano al pari con una melodia inebriante. Assaporate e vissute, sorrette dal profumo nascosto fra le pieghe di un foulard dolce pegno d'amore di un'anima ricongiunta. L'universo plaude, un sole nasce nuovi pianeti crescono aspettando il giorno in cui le fiamme rinasceranno al calore della stella creata dalla magica unione per rivivere l'eterno ciclo di vita.
Nell'attimo in cui ti ho baciato il sole ha voluto inondarmi di raggi quasi a sancire l'importanza che quel momento ha avuto per l'universo. Piccole spade scintillanti squarciano l'oscurità inondandola di luce cristallina. Voglio da te mille baci, ogni giorno nel tempo che scorre affinché dissetino il bisogno d'amore da sempre mancato. Illuminando la mia vita lame di luce attraversano l'anima esse ne catturano l'essenza riversandola verso il tuo spirito e tornano da me plasmate dalla passione ineguagliabile e indissolubile che ci unisce. L'anima è riunita una barca che ha lottato contro i marosi avversi del fato finalmente trova la pace in vista dell'orizzonte tranquillo a lungo sognato inseguito e ora trovato.
Le corriere arrivano una dopo l'altra con il cuore che esce dal petto gli occhi ansiosi cercano uno stridio di freni suono di campane a festa sovrasta a dare sacralità al momento. Gente che si accalca alle porte una figura spicca su tutte bella e dolce nella semplicità si guarda intorno cercando il volto dell'amore un sorriso la illumina. Una corsa tra persone estranee uno di fronte all'altro occhi lucidi che parlano di emozioni rimaste sopite nell'anima dalla lunga solitudine prepotenti riprendono vita trascinando mente e cuore nel vortice del sentimento. Una rosa nascosta nella mano come pegno d'amore un bacio fuggevole sfiora le gote timido approccio del primo incontro a lungo sognato e col cuore in gola desiderato. Paura di esser sbagliato e alla vista di lei inadeguato parole strozzate in gola rimangono chiuse dalla stupenda bellezza. Mani che si sfiorano sorrisi che si aprono caleidoscopio per un amore appena nato. I corpi si sono incontrati le anime vibrano all'unisono riscaldate dal lungo abbraccio la paura scompare un timido sole spazza via la nebbia del mattino e con essa i timori si dileguano. Mano nella mano inizia il cammino una nuova vita attende con la città spettatrice senziente di questa amore nato nella poesia.
Titubanti con pudico rispetto i corpi si svelano l'attesa del momento tanto agognato diventa un ricordo lontano. Le fantasie del sogno sono lì a un passo brividi bollenti attraversano la mente come fiumi, lava. Il desiderio sale a ogni tocco le mani simili a petali vellutati sfiorano le gote dell'amata un fremito la percorre, dischiude le labbra e aspetta. I "mi manchi" sussurrati nell'etere non hanno più ragion d'essere solo la paura frena l'impeto dell'attimo. Le bocche si bramano delicata unione assapora l'anima liberata si abbandona all'estasi. La pelle è calda magico e inebriante il profumo fragranza d'amore unica e travolgente cresce il fervore danza ritmica di gesti antichi ballata su una melodia di gemiti e sussurri a lungo solo immaginati ora realtà concreta dell'unione abbagli di colori esplodono nella mente piccole nebulose colorate i due spiriti sono uno. L'universo plaude al ricongiungimento. Stanchi e appagati i corpi si stringono parla solo il silenzio assordante degli occhi dolcezza infinita le parole non servono tutto è stato detto.
Assurto al trono di Roma delle responsabilità il peso gravava stanco e assorto nel sacro bosco pensier meditava ma del intento suo non era certo. La ninfa all'ombra della sacra quercia assiste all'interior tormento e lei che della purezza del cor è pria al pio re si palesa per dar conforto. Amor divino di passion si tinge e a coronar sogno il sovrano nozze indice. Amante devota e dea saggia nel elargir consiglio di luce divina il consorte irraggia e dall'esser ingiusto allontanò il periglio. Dea immortale maledì Atropo che cieca al suo ingrato compito assolse dell'amato sposo il fil recise unica ragion di vita e senza non ebbe scopo. Nel bosco a Diana sacro cercò riparo lacrime inarrestabili i suoi occhi profusero. La Madre mossa a compassione il suo dolore volle placar di fonte pura ne fece creazione a cui i mali d'amor dissetar.