Una giovane ha appena accavallato le gambe E il poeta spera che il vento sia suo complice. Sorveglia irrispettosamente l'orlo del vestito, l'unica strada verso la felicità. La giovane sorride, estranea all'importanza della sua coscia parlando di profumi o ragazzi o promesse. E il vento soffierà - di fronte a tanta insistenza soffierà – ma la vera fortuna sta nel fatto che la mano della giovane scenda in tempo, e la sua pelle continui ad essere possibile.
I nonni non mi piacciono perché finiscono subito. Sono a malapena un ginocchio ossuto, una mano tra i capelli, e diventano già una foto nella sala, un volto che s'allontana.
I nonni mi spaventano perché sono molto docili, sanno tutto e cantano.
I genitori dovrebbero avere i figli più da giovani, perché questi a loro volta avessero presto figli e i nonni non arrivassero tanto tardi.
Se hai scoperto che tutti gli oracoli ingannano, che tutte le strade portano a te stesso, cosa farai delle tue prossime paure?
Se hai scoperto che gli astri mentono — o forse si sbagliano — che farai delle tue maldicenze?
Se hai scoperto che la vecchia gitana col fazzoletto rosso imbroglia da secoli i viaggiatori, cosa farai di tanti manoscritti, di tante fidanzate che aspettano fiori?
Se hai scoperto che anche nella vita sei un semplice passeggero in transito, che farai, dove lo farai, e quando?
Per favore, non recuperate le lettere smarrite. Lasciate la busta accanto al tronco dell'albero, sotto un'anonima pietra, o a rotolare nei giardini. Ci sono lettere che si scrivono perché non arrivino, perché dall'altro lato della voce diffidino di tutto, perché esista una seconda lettera, esplicita e inutile. Ciò accade con l'assenso di tutti, con soprassalti premeditati e complicità. Sono mesi, anni, di matematica innocenza. In quelle lettere si confessava tutto, si annunciavano pericoli che poi la pioggia ha ammorbidito; in quelle lettere c'erano poscritti che premonivano sul fatto che sarebbero andate smarrite. La loro vera destinazione era il silenzio, le erbacce al bordo dei letti, le ragnatele sui davanzali, le nuvole sul volto. Definitivamente, dall'altro lato della voce non l'aspettavano. Lasciatela accanto all'albero, sotto un'anonima pietra, a rotolare nella memoria del felice mittente.
Se mi propongo di scriverti una poesia d'amore il foglio si coprirà di sabbia o cenere o pozzanghere. Meglio amarti e ancora nudi raccomandarti i versi di qualche altro poeta che non ti ami.
Dagli occhi di un bambino decollano gli aeroplani. Se chiudesse gli occhi cadrebbero. Solo il suo stupore li mantiene sospesi, la sua piccola mano li innalza, il suo cuore li muove e li allontana. Senza un bambino appiccicato ai vetri, alle alte ringhiere di una terrazza adulta, gli aeroporti morirebbero d’orrore. Un bambino non potrà mai pronunciare la parola “aeronautica” ma da lui dipenderà l’imitazione dell’uccello. Un bambino non saprà calcolare le distanze ma è lui la garanzia del ritorno. Ogni aeroporto deve avere un bambino incollato ai vetri, accanto agli altoparlanti, dovunque si acquatti la paura. Grazie a lui durerà meno lacrime il rientro di tutti, dorrà meno baci l’addio delle madri e le hostess potranno prescindere da avvisi insulsi.
Un aeroplano per aria sono molti bambini che guardano l’orizzonte.