E per un attimo Ho creduto di essere dio Ho creduto di essere invincibile E li guardavo... gli altri... Puzzavano di "normalità" Allontanavo il loro Opprimente credo Che mascherava la mia Natura Reprimeva i miei istinti. Fagocitavo Ogni loro ipocrisia Urlando come una bestia In preda alla pazzia. Ho vissuto nel sogno E poi nell'ebbrezza Che del sogno È sua coscienza. Sarebbe stato meglio Tornare a fissare La mia immagine Riflessa su di te Annusando la vita per coglierne il significato. Invece ho preferito Demolire ogni senso Frantumando in mille pezzi Quello specchio in cui Tu riuscisti a scorgere Solo l'ombra della mia luce.
Prima di addormentarmi io non penso. Poggiata sul cuscino ascolto il silenzio intorno. Aleggia fluttuando sulla soglia del mio sentire. Insonorizzando timpani troppo tesi dal rumore del giorno. Scorronmo le immagini trascorse le semplifico scevra da emozioni le ripiego come fogli ormai scritti. incastonando gli attimi preziosi. Sgombero la mente sovraccaricata di consuetudin ripetute e rimango sospesa tra la veglia e il sonno in quella perfetta condizione di dissolvenza di crepuscolare luce in cui solo l'elemento più rappresentativo diventa onirica soddisfazione. Mi richiudo entro i confini di me stessa come stella che implode come petalo che si ripiega desertifico il mio sentire e mi abbandono... tacitando così l'ultimo rumore della notte... il mio respiro...