Scritta da: Andrea De Candia

Le mani sulle piaghe

E quando tu te ne sarai andato,
fratello, io seguirò la bianca strada
ovattata di nebbia.
L'acqua andrà remigando come un'ala
languida e nera: giù dai vecchi muri,
qualche grido di verde e di scarlatto,
vite, edera, veccia.
Tanto silenzio ci sarà, lì presso:
un silenzio d'attesa.
Allora farò lieve la mia voce,
farò lievi i miei passi:
m'inoltrerò nel luogo dei malati
come il bimbo che entra in un suo sogno
di paradiso, dove tutto è bianco.
Non ci saran più volti, né capelli,
né età, né nomi: ci sarà un candore
infinito, vorace.
Ma, dal candore, mille urli rossastri
si leveranno: oh, mani
livide, abbandonate sulle coltri;
mani che vi portate come artigli
sopra le piaghe aperte
per difenderle a unghiate o per squarciarle;
mani che avete in voi tutto il dolore
e il mistero dell'essere;
io farò lievi, un giorno, le mie mani
sopra di voi. E là dove il silenzio
è un'attesa di morte o di salvezza,
il silenzio e la fede vestiranno
la mia esistenza nuda.
Fratello, io farò lieve il mio respiro,
l'anima mia farò lieve e sicura
sopra il gran male umano:
dentro i labbri di tutte le ferite
io stagnerò il tuo sangue,
fra le ciglia di ognuno che si strazia
asciugherò il tuo pianto.
Antonia Pozzi
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    Scritta da: Andrea De Candia

    Vicenda d'acque

    La mia vita era come una cascata
    inarcata nel vuoto;
    la mia vita era tutta incoronata
    di schiumate e di spruzzi.
    Gridava la follia d'inabissarsi
    in profondità cieca;
    rombava la tortura di donarsi,
    in veemente canto,
    in offerta ruggente,
    al vorace mistero del silenzio.
    Ed ora la mia vita è come un lago
    scavato nella roccia;
    l'urlo della caduta è solo un vago
    mormorio, dal profondo.
    Oh, lascia ch'io m'allarghi in blandi cerchi
    di glauca dolcezza:
    lascia ch'io mi riposi dei soverchi
    balzi e ch'io taccia, infine:
    poi che una culla e un'eco
    ho trovate nel vuoto e nel silenzio.
    Antonia Pozzi
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      Scritta da: Andrea De Candia

      Vertigine

      Afferrami alla vita,
      uomo. La cengia è stretta.
      E l'abisso è un risucchio spaventoso
      che ci vuole assorbire.
      Vedi: la falda erbosa, da cui balza
      questo zampillo estatico di rupi,
      somiglia a un camposanto sconfinato,
      con le sue pietre bianche.
      Io mi vorrei tuffare a capofitto
      nella fluidità vertiginosa;
      vorrei piombare sopra un duro masso
      e sradicarlo e stritolarlo, io,
      con le mie mani scarne;
      strappare gli vorrei, siccome a croce
      di cimitero, una parola sola
      che mi desse la luce. E poi berrei
      a golate gioiose il sangue mio.

      Afferrami alla vita,
      uomo. Passa la nebbia
      e lambe e sperde l'incubo mio folle.
      Fra poco la vedremo dipanarsi
      sopra le valli: e noi saremo in vetta.

      Afferrami alla vita. Oh, come dolci
      i tuoi occhi esitanti,
      i tuoi occhi di puro vetro azzurro!
      Antonia Pozzi
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        Scritta da: Andrea De Candia

        Alpe

        Sulla parete strapiombante, ho scorto
        una chiazza rossastra ed ho creduto
        che fosse sangue: erano licheni
        piatti ed innocui. Ma io ne ho tremato.
        Eppure, folle lampo di tripudio
        e saettante verità sarebbero
        un volo e un urto ed un vermiglio spruzzo
        di vero sangue. Sì, bello morire,
        quando la nostra giovinezza arranca
        su per la roccia, a conquistare l'alto.
        Bello cadere, quando nervi e carne,
        pazzi di forza, voglion farsi anima;
        quando, dal fondo d'una fenditura,
        il cielo terso pare un'imparziale
        mano che benedica e i picchi, intorno,
        quasi obbedienti a una consegna arcana,
        vegliano irrigiditi. Sulle vette,
        quando la brezza che ci sfiora è l'alito
        di vite arcane riarse di purezza
        ed il sole è un amore che consuma
        e, a mezza rupe, migrano le nubi
        sopra le valli, rivelando a squarci,
        con riflessi di sogno, la pensosa
        nudità della terra, allora bello
        sopra un masso schiantarsi e luminosa,
        certa vita la morte, se non mente
        chi dice che qui Dio non è lontano.
        Antonia Pozzi
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          Scritta da: Andrea De Candia

          Bellezza

          Ti do me stessa,
          le mie notti insonni,
          i lunghi sorsi
          di cielo e stelle – bevuti
          sulle montagne,
          la brezza dei mari percorsi
          verso albe remote.
          Ti do me stessa,
          il sole vergine dei miei mattini
          su favolose rive
          tra superstiti colonne
          e ulivi e spighe.
          Ti do me stessa,
          i meriggi
          sul ciglio delle cascate,
          i tramonti
          ai piedi delle statue, sulle colline,
          fra tronchi di cipressi animati
          di nidi –
          E tu accogli la mia meraviglia
          di creatura,
          il mio tremito di stelo
          vivo nel cerchio
          degli orizzonti,
          piegato al vento
          limpido – della bellezza:
          e tu lascia ch'io guardi questi occhi
          che Dio ti ha dati,
          così densi di cielo –
          profondi come secoli di luce
          inabissati al di là
          delle vette.
          Antonia Pozzi
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            Scritta da: Andrea De Candia

            Sorelle, a voi non dispiace

            Sorelle, a voi non dispiace
            ch'io segua anche stasera
            la vostra via?
            Così dolce è passare
            senza parole
            per le buie strade del mondo -
            per le bianche strade dei vostri pensieri -
            così dolce è sentirsi
            una piccola ombra
            in riva alla luce -
            così dolce serrarsi
            contro il cuore il silenzio
            come la vita più fonda
            solo ascoltando le vostre anime andare -
            solo rubando
            con gli occhi fissi
            l'anima delle cose -
            Sorelle, se a voi non dispiace -
            io seguirò ogni sera
            la vostra via
            pensando ad un cielo notturno
            per cui due bianche stelle conducano
            una stellina cieca
            verso il grembo del mare.
            Antonia Pozzi
            Composta lunedì 3 agosto 2015
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