Non mi sono mai fidato dei brandelli di ciò che sono stato. Ammaino i pensieri miei, la bocca si chiude serrata, la testa tra le mani, una croce nel cuore. Rifletto a lungo quasi dura un secondo ma è tutto l'eterno. Nel silenzio assegno i nomi alle cose, rantolo tra le apparenze disinvolte degli angeli, volteggio per evitare passi di danza, se non so ballare. Orrori vedo, di occhi aperti, e nubi di catrame, orrori, le mani sudano lacrime, le ombre coprono le urla dei saggi, ma non sono sicuro di sentirle. Strazi, tra poesie al vento, v'è il mio delirio. Poi il sonno soffia una candela e la veglia depone la scure, nel fondo chiuso a chiave d'un baule.
Che sia più lunga la vita, la mattina d'estate, il vento sui capelli bagnati, contemplare occhi lucidi della gioia di un bambino. Che sia più nitida la neve, la pioggia che riverbera le immagini, la linea ricurva dei rami dei salici. Che sia festa nell'anima tua, che accoglie in un vaso un sorriso, che rende il tuo viso un fiore delicato, da non poter toccare.
È come se fosse la neve, urla che grida dal mare ovattato, diniego di verità inascoltate, false credenze disperate, vite vissute paralizzate, quasi per vincere la morte. Io la sposto la sera, la metto da parte, basta silenzi dinnanzi. Fuggo da qui, fingo d'aver conosciuto l'istinto, d'avere abboccato al suo pianto, mi copro d'allori e sorrido, la voce, trabocca, inesorabilmente cade nelle ultime ore d'ogni mia silente follia.
Passo, ad un passo da una scogliera, l'aurora non viene o non esiste. Il tempo è un'acqua senza meta, perpetua il suo moto incessante, la luce da un presagio di uno scatto di immagine. Nell'incerto mio quadro, mio mondo davanti, plano, cerco l'assoluto nel mio mare opaco, segno i confini mobili che mai saranno invasi, afferro la montagna per parlare, per ore, per anni, di quei discorsi spenti ormai dismessi, cercando la risposta tra le onde.
Siamo inganni, metamorfosi di immagini intagliate nei ricordi, ferite non chiuse di un amore oscurato dall'autunno, chiodi in un muro maestro, orologi privati di un giro di ago, fermi immagine del sempre continuo incessante sperare, l'ingresso vietato per chi non sa desinare vizi e virtù di una vita scomposta in tasselli, bloccati dal vento nelle eclissi di ogni promessa sfumata.