Poesie di Arthur Rimbaud

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Scritta da: Silvana Stremiz

La Credenza

È un ampio armadio scolpito; l'antica scura
quercia ha preso una buon'aria di vecchia gente;
l'armadio è aperto, e scioglie dentro l'ombratura
come onda di vin vecchio, un profumo attraente.

È un miscuglio di vecchie anticaglie, stipato
di panni odorosi e gialli, di straccetti
di donne e fanciulli, di appassiti merletti,
di scialli di nonna col grifo pitturato;

- Qui trovi ciocche di capelli bianche e bionde,
i ritratti, i medaglioni, la frutta e i fiori
secchi il cui profumo insieme si confonde.

- Ne sai di storie, o mia credenza d'ore morte!
Vorresti dirci i tuoi racconti, e fai rumori
se lente s'aprono le grandi nere porte.
Arthur Rimbaud
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    La Maliziosa

    Nella sala da pranzo, bruna, profumata
    di frutta e di vernice, come chi non pensa
    raccolsi un piatto di non so quale portata
    belga, e sprofondai nella mia sedia immensa.

    Mangiando, udivo il pendolo, - calmo e giulivo.
    La cucina s'aprì in mezzo a una sbuffata.
    - Entrò la serva, e chissà per quale motivo,
    lo scialle sfatto, con malizia pettinata,

    ecco il ditino tremante pose e ripose
    sulla sua guancia, velluto di pesche-rose
    bianche, e con smorfie del suo labbro bambino

    per mio agio, i piatti mi riordinò vicino
    - poi, - ma certo per prendersi un bacio, - così
    mi soffiò: "Ho una freddo alla guancia, senti qui... "
    Arthur Rimbaud
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      La mia bohème (Fantasia)

      I pugni nelle tasche rotte, me ne andavo
      con il mio pastrano diventato ideale;
      sotto il cielo andavo, o Musa, a te solidale;
      oh! Là, là! Quanti splendidi amori sognavo!

      La sola braca aveva un largo buco. - In corsa
      sgranavo rime, Puccetto sognante. E l'Orsa
      Maggiore era la mia locanda. - Lassù
      le stelle in cielo avevano un dolce fru fru;

      le ascoltavo, seduto ai lati delle strade,
      nelle sere del buon settembre ove rugiade
      mi gocciavano in fronte un vino di vigore;

      e, rimando in mezzo ai tenebrosi fantastici,
      come fossero lire, tiravo gli elastici
      delle mie scarpe ferite, un piede sul cuore!
      Arthur Rimbaud
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Preghiera della sera

        Io, come un angelo seduto dal barbiere,
        vivo stringendo uno scanalato bicchiere,
        collo e ipogastrio curvi, una " Gambier" tra i denti,
        sotto i cieli gonfi di vele trasparenti.

        In me mille sogni, come caldi escrementi
        di vecchia colombaia, fan dolci bruciature;
        e il mio tenero cuore è un alburno, a momenti,
        che il giovane oro insanguina di linfe oscure.

        E, quando con cura ho ringoiato ogni sogno,
        mi volto, bevuti più di trenta bicchieri,
        e mi raccolgo a mollare l'acre bisogno:

        dolce come il Dio del cedro e degli issòpi,
        io piscio altissimo e lontano contro i neri
        cieli - approvato dai grandi eliotropi.
        Arthur Rimbaud
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          Sognato per l'inverno a... lei

          Andremo, d'inverno, in un vagoncino rosa
          con tanti cuscini blu.
          Sarà dolce. Un nido di baci folli posa
          nei cantucci molli. Tu

          chiuderai gli occhi, per non vedere dai vetri
          smorfiare l'ombre delle sere,
          la plebaglia di démoni e di lupi tetri,
          mostruosità arcigne e nere.

          Poi la tua guancia graffiare si sentirà...
          un bacetto, un ragno matto, ti correrà
          sul collo... Intanto

          tu mi dirai: "Cerca! ", chinando a me la testa
          - prenderemo tempo a scovare quella bestia
          - che viaggia così tanto...
          Arthur Rimbaud
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            Pensierino del mattino

            La mattina alle quattro, d'estate,
            il sonno d'amore dura ancora.
            Sotto i boschetti l'alba deodora
            le sere festeggiate.

            Ma laggiù negli immensi cantieri
            al sole dell'Esperidi, là
            scamiciati, ecco i carpentieri
            si agitano già.

            Tranquilli, in quei deserti muschiati,
            preparano il tavolato fino
            dove ride il ricco cittadino
            sotto cieli affrescati.

            Per questi Operai affascinanti
            a un re di Babilonia assoggettati,
            ah! Lascia un po', Venere, gli Amanti
            dai cuori incoronati.

            Regina dei Pastori!
            Porta acquavite ai lavoratori,
            la loro forza vieni a ristorare
            prima del bagno meridiano, in mare.
            Arthur Rimbaud
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              Lacrima

              Lontano da uccelli, da greggi, da paesane,
              io bevevo, rannicchiato in una brughiera,
              cinta da una selva di noccioli leggera,
              in verdi e tiepide foschie meridiane.

              Che potevo bere in quella giovane Oïsa,
              muti olmi, cielo coperto, erba senza fiori.
              Che spillavo alla mia fiasca di colocasia?
              Un liquore d'oro, insulso, che dà sudori.

              Cattiva insegna d'osteria sarei stato.
              Poi il temporale mutò il cielo, fino a sera.
              Furon laghi, pertiche, stazioni, una nera
              regione, e nella notte blu fu un colonnato.

              L'acqua dei boschi moriva alla verginale
              sabbia, e il vento, dal cielo, ghiacciava acquitrini...
              Io, pescatore d'oro e di gusci marini,
              dire che non pensai di bere, come tale!
              Arthur Rimbaud
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