Ecco il ritmo frenetico del sangue, quando gli azzurri tuonano a distesa, e qualsiasi colore si fa fiamma nell'urlo delle tempie. Ecco il cuor mio nella selvaggia ebbrezza di svincolare in esseri le forme disincantate a vortice di danza. Ecco i visi risolti in fiabe d'oro e in lievi organi d'ali. Ecco gli alberi in forsennate lingue contorcersi, balzar fra scoppiettii di verdi fiamme dalla terra urlante. E fra l'altre manie del mezzogiorno, ecco me, congelato in stella fissa, ch'esaspero l'antica aria di piaghe metalliche, sull'erba di corallo. (Pulsa il fianco del mare sul granito come un trotto infinito di cavallo).
Letargie della nostra anima antica hanno forme di sogni in fiorellini sbocciati lungo i prati e sulle siepi. Da un muoversi animali, scesi stelle ora create in dorsi di velluto, sulla lapidea terra arde una luce che sveglia morituri estri gelati (d'un pensiero prigione) all'adorante fuoco di carità per ogni vita. Dal consistere in sé degli affioranti continenti, che il mare orla di suono, s'erge il defunto scheletro nell'alveo del mio plastico sangue, in forma d'uomo. In quest'ossa ond'io voglio vincolarmi alla terrestrità del minerale per indurlo ad alzarsi aria-acqua-fuoco, in queste ossa, ora terra, parleranno le parole di Cristo, vincitrici della morte e del mondo in membra d'oro.
Nella spera del sole, intenerite per l'azzurro mattino che le imbeve, s'affollano le prime margherite a infoltir di freschezza questa lieve ripa, che si fa prato pel verde che le è nato.
Labili suoni, che la luce informa in fantasie fiorite ora dal suolo svelano che la terra, benché dorma già primaverilmente, esala il volo dei suoi sognanti amori che diventano fiori;
mentre le nubi in molli atteggiamenti imitano d'amplessi e baci d'aria le loro stesse curve sorridenti sdraiate in quella nudità plenaria cui non si danno veli nel talamo dei cieli.
Somiglia a un desiderio musicale questo prato ammirevole di fiori. E i suoi riposi, usciti nella luce primaverile della nostra gioia, respirano silenzi, innamorati dei sentori dell'erba: erba che sogna d'abbracciarsi all'ignuda aria distesa fra le corolle offerte della terra come labbra che il sole apre di baci. I pensieri di musica, taciuti quasi un pudore della primavera, nascondono di fiori le sue curve voluttuose, che la nube imita nei suoi diafani seni galleggianti. Si trasformano in spazio di silenzio melodioso in bei capricci d'oro ond'ella di soppiatto si vagheggia negli amplessi che sognano essere donna, benché la terra maschilmente soffra nell'attesa che l'uomo la sollevi.
Elastica figura di certezza muove il muto linguaggio dei tuoi gesti di donna, come fremiti celesti in passi alati, sulla terra grezza.
Il tuo segreto eroico è luce avvezza a un sacrificio, in cui tu, dea, pur resti forma di fluida musica, fra questi nostri orgasmi d'ucciderti in ebbrezza.
Sei nata grazia dolce, semichiusa in vaste curve d'oro in movimento, per poterne affiorare: angelo, musa.
E in ogni cenno irraggi il tuo mistero d'esserti qui votata al salvamento di colui che vuol teco ergersi intorno.
Le curve della tua statura bianca, negli andamenti snelli delle gambe, son procinto di voli; e d'anca in anca il passo non si spicca via, ma lambe l'erba con fluidi rivoli di sole, su cui scivoli, staccandoti ora a dritta ed ora a manca dal suolo che ti stanca. Un ritmo di movenze ardue, stellari, benché frammisto a trascinii di rettile, s'imprime entro i tuoi lombi involontari, in voci chiuse; e tu, angelo, emettile nei tuoi passi felici in cui tacendo dici che il cielo, anche se in cicli millenari, muove teco, alla pari.