Le migliori poesie di Boris Pasternak

Poeta e scrittore, nato lunedì 10 febbraio 1890 a Mosca (Federazione Russa), morto lunedì 30 maggio 1960 a Peredelkino (Federazione Russa)
Questo autore lo trovi anche in Frasi & Aforismi.

Scritta da: Silvana Stremiz

Poesia d'amore

Nessuno sarà a casa
solo la sera. Il solo
giorno invernale nel vano trasparente
delle tende scostate.

Di palle di neve solo, umide, bianche
la rapida sfavillante traccia.
Soltanto tetti e neve e tranne
i tetti e la neve, nessuno.

E di nuovo ricamerà la brina,
e di nuovo mi prenderanno
la tristezza di un anno trascorso
e gli affanni di un altro inverno,

e di nuovo mi tormenteranno
per una colpa non ancora pagata,
e la finestra lungo la crociera
una fame di legno serrerà.

Ma per la tenda d'un tratto
scorrerà il brivido di un'irruzione .
Il silenzio coi passi misurando
tu entrerai, come il futuro.

Apparirai presso la porta,
vestita senza fronzoli, di qualcosa di bianco,
di qualcosa proprio di quei tessuti
di cui ricamano i fiocchi.
Boris Pasternak
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Dichiarazione

    Essere donna è un gran passo,
    fare impazzire, eroismo.

    E io dinnanzi al miracolo di mani,
    schiena, spalle e di un collo di donna
    con devozione di servo
    la vita tutta riverisco.

    Ma per quanto la notte m'incateni
    con un anello d'angoscia,
    più forte è al mondo l'aspirazione ad evadere
    e la passione attira alle rotture.
    Boris Pasternak
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      Primavera

      Primavera, io vengo dalla via, dove il pioppo è stupito,
      dove la lontananza sbigottisce, dove la casa teme di crollare,
      dove l'aria è azzurra come il fagottino della biancheria
      di colui che è dimesso dall'ospedale!

      Dove la sera è vuota come un racconto interrotto,
      lasciato da una stella senza continuazione
      per rendere perplessi mille occhi tumultuosi,
      insondabili e privi di espressione.
      Boris Pasternak
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        La stella di Natale

        Era pieno inverno.
        Soffiava il vento della steppa.
        E aveva freddo il neonato nella grotta
        Sul pendio della collina.

        L'alito del bue lo riscaldava.
        Animali domestici
        stavano nella grotta,
        sulla culla vagava un tiepido vapore.

        Scossi dalle pelli le paglie del giaciglio
        e i grani di miglio,
        dalle rupi guardavano
        assonnati i pastori gli spazi della mezzanotte.

        Lontano, la pianura sotto la neve, e il cimitero
        e recinti e pietre tombali
        e stanghe di carri confitte nella neve,
        e sul cimitero il cielo tutto stellato.

        E lì accanto, mai vista sino allora,
        più modesta d'un lucignolo
        alla finestrella d'un capanno,
        traluceva una stella sulla strada di Betlemme.



        Per quella stessa via, per le stesse contrade
        degli angeli andavano, mescolati alla folla.
        L'incorporeità li rendeva invisibili,
        ma a ogni passo lasciavano l'impronta d'un piede.

        Una folla di popolo si accalcava presso la rupe.
        Albeggiava. Apparivano i tronchi dei cedri.
        E a loro, "chi siete? " domandò Maria.
        "Noi, stirpe di pastori e inviati del cielo,
        siamo venuti a cantare lodi a voi due".
        "Non si può, tutti insieme. Aspettate alla soglia".

        Nella foschia di cenere, che precede il mattino,
        battevano i piedi mulattieri e allevatori.
        Gli appiedati imprecavano contro quelli a cavallo;
        e accanto al tronco cavo dell'abbeverata
        mugliavano i cammelli, scalciavano gli asini.

        Albeggiava. Dalla volta celeste l'alba spazzava,
        come granelli di cenere, le ultime stelle.
        E della innumerevole folla solo i Magi
        Maria lasciò entrare nell'apertura rocciosa.

        Lui dormiva, splendente, in una mangiatoia di quercia,
        come un raggio di luna dentro un albero cavo.
        Invece di calde pelli di pecora,
        le labbra d'un asino e le nari d'un bue.

        I Magi, nell'ombra, in quel buio di stalla
        Sussurravano, trovando a stento le parole.
        A un tratto qualcuno, nell'oscurità,
        con una mano scostò un poco a sinistra
        dalla mangiatoia uno dei tre Magi;
        e quello si voltò: dalla soglia, come in visita,
        alla Vergine guardava la stella di Natale.
        Boris Pasternak
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          La neve cade

          La neve cade, la neve cade
          Alle bianche stelline in tempesta
          Si protendono i fiori del geranio
          Dallo stipite della finestra:
          La neve cade e ogni cosa è in subbuglio,
          ogni cosa si lancia in un volo,
          i gradini della nera scala,
          la svolta del crocicchio.
          La neve cade, la neve cade,
          come se non cadessero i fiocchi,
          ma in un mantello rattoppato
          scendesse a terra la volta celeste.
          Come se con l'aspetto di un bislacco
          Dal pianerottolo in cima alle scale,
          di soppiatto, giocando a rimpiattino,
          scendesse il cielo dalla soffitta.
          Perché la vita stringe. Non fai a tempo
          A girarti dattorno, ed è Natale.
          Solo un breve intervallo:
          guardi, ed è l'Anno Nuovo.
          Densa, densissima la neve cade.
          E chi sa che il tempo non trascorra
          Per le stesse orme, nello stesso ritmo,
          con la stessa rapidità o pigrizia,
          tenendo il passo con lei?
          Chi sa che gli anni, l'uno dietro l'altro,
          non si succedano come la neve,
          o come le parole d'un poema?
          La neve cade, la neve cade,
          la neve cade e ogni cosa è in subbuglio:
          il pedone imbiancato,
          le piante sorprese,
          la svolta del crocicchio.
          Boris Pasternak
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