Poesie di Cesare Pavese

Scrittore, poeta, saggista e traduttore, nato mercoledì 9 settembre 1908 a Santo Stefano Belbo, Cuneo (Italia), morto domenica 27 agosto 1950 a Torino (Italia)
Questo autore lo trovi anche in Frasi & Aforismi, in Frasi per ogni occasione e in Diario.

Passerò per Piazza di Spagna

Sarà un cielo chiaro.
S'apriranno le strade
sul colle di pini e di pietra.
Il tumulto delle strade
non muterà quell'aria ferma.
I fiori, spruzzati
di colori alle fontane,
occhieggeranno come donne
divertite. Le scale
le terrazze le rondini
canteranno nel sole.
S'aprirà quella strada,
le pietre canteranno,
il cuore batterà sussultando
come l'acqua nelle fontane -
sarà questa la voce
che salirà le tue scale.
Le finestre sapranno
l'odore della pietra e dell'aria
mattutina. S'aprirà una porta.
Il tumulto delle strade
sarà il tumulto del cuore
nella luce smarrita.

Sarai tu - ferma e chiara.
Cesare Pavese
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    Scritta da: Phantastica

    In the Morning you Always come Back

    Lo spiraglio dell'alba
    respira con la tua bocca
    in fondo alle vie vuote.
    Luce grigia i tuoi occhi,
    dolci gocce dell'alba
    sulle colline scure.
    Il tuo passo e il tuo fiato
    come il vento dell'alba
    sommergono le case.
    La città abbrividisce,
    odorano le pietre
    sei la vita, il risveglio.
    Stella sperduta
    nella luce dell'alba,
    cigolio della brezza,
    tepore, respiro
    è finita la notte.
    Sei la luce e il mattino.
    Cesare Pavese
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      Scritta da: Phantastica
      Lo spiraglio dell'alba
      respira con la tua bocca
      in fondo alle vie vuote.

      Luce grigia i tuoi occhi,
      dolci gocce dell'alba
      sulle colline scure.

      Il tuo passo e il tuo fiato
      come il vento dell'alba
      sommergono le case.

      La città rabbrividisce,
      odorano le pietre
      sei la vita, il risveglio.

      Stella sperduta
      nella luce dell'alba,
      cigolio della brezza,
      tepore, respiro
      è finita la notte.

      Sei la luce e il mattino.
      Cesare Pavese
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        Scritta da: Barbara Brussa

        Estate

        C'è un giardino chiaro, fra mura basse,
        di erba secca e di luce, che cuoce adagio
        la sua terra. È una luce che sa di mare.
        Tu respiri quell'erba. Tocchi i capelli
        e ne scuoti il ricordo.
        Ho veduto cadere
        molti frutti, dolci, su un'erba che so,
        con un tonfo. Così trasalisci tu pure
        al sussulto del sangue. Tu muovi il capo
        come intorno accadesse un prodigio d'aria
        e il prodigio sei tu. C'è un sapore uguale
        nei tuoi occhi e nel caldo ricordo.
        Ascolti.
        La parole che ascolti ti toccano appena.
        Hai nel viso calmo un pensiero chiaro
        che ti finge alle spalle la luce del mare.
        Hai nel viso un silenzio che preme il cuore
        con un tonfo, e ne stilla una pena antica
        come il succo dei frutti caduti allora.
        Cesare Pavese
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          Scritta da: Rita Cangiano
          Girerò per le strade finché non sarò stanca morta
          saprò vivere sola e fissare negli occhi
          ogni volto che passa e restare sempre la stessa.
          Questo fresco che sale a cercarmi le vene
          è un risveglio che mai nel mattino ho provato
          così vero: soltanto, mi sento più forte
          che il mio corpo, e un tremore più feddo accompagna il mattino.
          Son lontani i mattini che avevo vent'anni.
          E domani, ventuno: domani uscirò per le strade,
          ne ricordo ogni sasso e le strisce di cielo.
          Da domani la gente riprende a vedermi
          e sarò ritta in piedi e potrò soffermarmi
          e specchiarmi in vetrine. I mattini di un tempo,
          ero giovane e non lo sapevo, e
          nemmeno sapevo
          di essere io che passavo-una donna, pdrona
          di se stessa. La magra bambina che fui
          si è svegliata da un pianto non fosse mai stato.
          E desidero solo colori. I colori non piangono,
          sono come un risveglio: domani i colori
          torneranno. Ciascuna uscirà per la strada,
          ogni corpo un colore-perfino i bambini.
          Questo corpo vestito di rosso leggero
          dopo tanto pallore riavrà la sua vita.
          Sentirò intorno a me scivolare gli sguardi e saprò d'esser io: gettando un'occhiata,
          mi vedrò tra la gente. Ogni nuovo mattino,
          uscirò per le strade cercando i colori.
          Cesare Pavese
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            Scritta da: Cheope

            L'amico che dorme

            Che diremo stanotte all'amico che dorme?
            La parola più tenue ci sale alle labbra
            dalla pena più atroce. Guarderemo l'amico,
            le sue inutili labbra che non dicono nulla,
            parleremo sommesso.
            La notte avrà il volto
            dell'antico dolore che riemerge ogni sera
            impassibile e vivo. Il remoto silenzio
            soffrirà come un'anima, muto, nel buio.
            Parleremo alla notte che fiata sommessa.

            Udiremo gli istanti stillare nel buio
            al di là delle cose, nell'ansia dell'alba,
            che verrà d'improvviso incidendo le cose
            contro il morto silenzio. L'inutile luce
            svelerà il volto assorto del giorno. Gli istanti
            taceranno. E le cose parleranno sommesso.
            Cesare Pavese
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              Scritta da: Cheope

              Il vino triste

              La fatica è sedersi senza farsi notare.
              Tutto il resto poi viene da sé. Tre sorsate
              e ritorna la voglia di pensarci da solo.
              Si spalanca uno sfondo di lontani ronzii,
              ogni cosa si sperde, e diventa un miracolo
              esser nato e guardare il bicchiere. Il lavoro
              (l'uomo solo non può non pensare al lavoro)
              ridiventa l'antico destino che è bello soffrire
              per poterci pensare. Poi gli occhi si fissano
              a mezz'aria, dolenti, come fossero ciechi.

              Se quest'uomo si rialza e va a casa a dormire,
              pare un cieco che ha perso la strada. Chiunque
              può sbucare da un angolo e pestarlo di colpi.
              Può sbucare una donna e distendersi in strada,
              bella e giovane, sotto un altr'uomo, gemendo
              come un tempo una donna gemeva con lui.
              Ma quest'uomo non vede. Va a casa a dormire
              e la vita non è che un ronzio di silenzio.

              A spogliarlo, quest'uomo, si trovano membra sfinite
              e del pelo brutale, qua e là. Chi direbbe
              che in quest'uomo trascorrono tiepide vene
              dove un tempo la vita bruciava? Nessuno
              crederebbe che un tempo una donna abbia fatto carezze
              su quel corpo e baciato quel corpo, che trema,
              e bagnato di lacrime, adesso che l'uomo
              giunto a casa a dormire, non riesce, ma geme.
              Cesare Pavese
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                Scritta da: Cheope

                Estate

                È riapparsa la donna dagli occhi socchiusi
                e dal corpo raccolto, camminando per strada.
                Ha guardato diritto tendendo la mano,
                nell'immobile strada. Ogni cosa è riemersa.

                Nell'immobile luce dei giorno lontano
                s'è spezzato il ricordo. La donna ha rialzato
                la sua semplice fronte, e lo sguardo d'allora
                è riapparso. La mano si è tesa alla mano
                e la stretta angosciosa era quella d'allora.
                Ogni cosa ha ripreso i colori e la vita
                allo sguardo raccolto, alla bocca socchiusa.

                È tornata l'angoscia dei giorni lontani
                quando tutta un'immobile estate improvvisa
                di colori e tepori emergeva, agli sguardi
                di quegli occhi sommessi. È tornata l'angoscia
                che nessuna dolcezza di labbra dischiuse
                può lenire. Un immobile cielo s'accoglie
                freddamente, in quegli occhi.
                Fra calmo il ricordo
                alla luce sommessa dei tempo, era un docile
                moribondo cui già la finestra s'annebbia e scompare.
                Si è spezzato il ricordo. La stretta angosciosa
                della mano leggera ha riacceso i colori
                e l'estate e i tepori sotto il viviclo cielo.
                Ma la bocca socchiusa e gli sguardi sommessi
                non dan vita che a un duro inumano silenzio.
                Cesare Pavese
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                  Scritta da: Marilù Rossi

                  Verrà la morte e avrà i tuoi occhi

                  Verrà la morte e avrà i tuoi occhi,
                  questa morte che ci accompagna
                  dal mattino alla sera, insonne,
                  sorda, come un vecchio rimorso
                  o un vizio assurdo. I tuoi occhi
                  saranno una vana parola,
                  un grido taciuto, un silenzio.
                  Così li vedi ogni mattina
                  quando su te sola ti pieghi
                  nello specchio. O cara speranza,
                  quel giorno sapremo anche noi
                  che sei la vita e sei il nulla.
                  Per tutti la morte ha uno sguardo.
                  Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
                  Sarà come smettere un vizio,
                  come vedere nello specchio
                  riemergere un viso morto,
                  come ascoltare un labbro chiuso.
                  Scenderemo nel gorgo muti.
                  Cesare Pavese
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