Maledizione! E ora di nuovo dobbiamo riflettere Se questo cielo fuori sia reale? Allora chi è a far girare in eterno quest'uovo blu Vicino a noi finché i più si infuriano E io dalla paura non riesco più a essermi d'aiuto E alcune stendono le loro ossa Quasi per beffa sopra le linde piastrelle E sorridono piano, come dalla brama sedotte-; E dolce è l'ira – si deve solo gustarla. Come qualcosa di rubato, nell'oscurità.
Miete la falce del sole il mio primo sonno. Da colli di uccelli – che vogliono torcersi! – martirio cola nel mio animo. Campi di colore leonino si struggono nella foschia. Lodi la mia anima il Signore! – in nessun luogo fra il cielo e l'inferno avverrà più un miracolo simile. Terra! Appenderò il tuo viso di mela alla croce della mia superbia. Oh, che io riesca a portarla sino su quel calvario beffardo, il letto di parto della mia disperazione.
Dovrai tenermi nella rete della tua volontà. Non voglio più uscire nel mondo dove il sole sorge e cala senza senso e febbrilmente la luna si riduce in quarti. Qui dentro non c'è né notte né giorno, qui manca la tentazione delle stelle di risollevarsi da un dolore antico per dover precipitare in quello nuovo. Nella tua rete la debolezza è buona. Come una farfalla redenta dalla luce il cuore angosciato si addormenta. Dovrai tenermi con tutto ciò che ho perduto e che mi rende pesante, così pesante come una pietra da far vibrare spesso la rete della tua volontà.
Concedimi di essere triste sotto i tuoi occhi, le stelle. Forse loro non vedono che sono triste perché l'orecchio della luna è distratto e non sente i miei discorsi. Certo di giorno l'astro solare non pensa mai che tramonto – concedimi di perdere me stessa nei cespugli della malinconia.