Come chiave d'oro che apre al paradiso, Messina spalanca la porta alla Sicilia perla incantevole. Bella Messina, che si lascia corteggiare da due mari, contemplata dall'alto dalle sue montagne, sempre spettinata dal vento, bagnata dal mare ed asciugata dal sole, Messina presa per mano dalla Madonna. Bella Messina quando dondola dolcemente le navi del suo porto, quando incoraggia e protegge il sudato lavoro dei suoi pescatori, quando saluta piangendo ma aspetta con ansia il ritorno d'un suo figliuolo che s'allontana senza lavoro, quando, nelle sue ville, accompagna il lento andare d'un vecchio, guarda commossa gl'innamorati delle sue panchine, gioca trasformata in bambina con i suoi piccoli. Bella Messina quando si tinge di giallorosso dietro la sua squadra, quando si pavoneggia per accogliere i forestieri, quando, tutta parata, si trucca con i colori della vara ed il mito dei Giganti, divertente e scapestrata come il suo dialetto. Messina lunga donna dagli esili fianchi con gli occhi blu come il suo mare ed i capelli d'oro come il sole delle sue spiagge, baciata sulla superficie del mare da mille gabbiani, che col suo stretto maliziosamente s'avvicina senza lasciarsi toccare, Messina che all'alba apre gli occhi sul mare e di notte s'addormenta sotto un lenzuolo di mille luci. Messina solare dalle ali libere verso l'orizzonte con gli occhi luminosi mai annebbiati, sposa d'un clima ch'è armonia in ogni stagione, Messina che con frutti e fiori profuma di primavera. Bella Messina defunta ma risorta dopo il 1908, Messina che vuole andare avanti, che non vuol morire più, vestita ormai di abiti sempre più moderni. Bella la mia Messina è la mia terra, la mia città, qui sto bene, sono felice. Ogni sua strada, ogni sua via è casa mia, il mio giardino. In lei sono nato ed in lei voglio morire.
Maestro, ho tanto bisogno di un miracolo trasforma la mia vita e tutto in me da tempo non vedo più la luce hanno spento già la mia gioia di vivere umiliato la mia speranza, vedo i miei sogni cancellati tristemente lacrime di solitudine bagnare i miei occhi. Maestro, non ho altro che io possa fare solo tu hai tutto il potere, sono seppellito come Lazzaro in questo sepolcro di disperazione c'è un macigno che Satana ha messo davanti. Maestro, chiama il mio nome ti prego ascolterò con fede inginocchiato la tua voce rimuovi la pietra delle mie paure e chiamami ad uscire fai rivivere i miei sogni: liberami! Sospinto dalla fede che c'è in te sicuro d'una vittoria che tu solo dai risuscitami.
A dispetto del tempo che inesorabile scivola sui miei anni, son rimasto quel bambino sperduto di ieri con lo stesso terrore di crescere, solo ed incompreso tra mille paure. Ho ancora voglia di sognare, illudermi, fantasticare. Vorrei rifugiarmi in un mondo solo mio, ricco di colori e d'ingenuità, dove poter finalmente tornare bambino senza crescere più, allontanando le terribili ombre della solitudine, della vecchiaia, della morte stessa, ma è un mondo fragile spezzato crudelmente dalla nuda realtà. Così, ogni volta che provo a volare in alto, una forza sconosciuta ed impietosa, mi taglia le ali ed io precipito giù più triste che mai, come un gabbiano che non vola più, mentre le mie lacrime, quelle stesse che percorrevan lente il mio viso pulito di bambino, continuano a non sapere quel che loro stesse vogliono e a non trovare quel fazzoletto che le possa asciugare per sempre. In esse, vedo riflessi i miei sogni, li vedo morire uno dopo l'altro sciogliendosi come gocce di pioggia disposte in fila, sospese alla ringhiera. Continuo ad osservare con occhi limpidi e stranieri, l'immenso mare della vita ma è sempre inutile sforzarsi nel tentativo d'immergersi. Vedo lontano quel veliero che da piccolo chiamavo col nome di speranza e che non è partito mai. Eppure m'accorgo che dentro e fuori di me, v'è ancora tutto da scoprire e da imparare. Sento in me una grande energia vitale, creativa ed artistica. C'è in me una sensibilità profondissima, spaventosamente grande a confronto del mio fragilissimo essere che più s'ingrandisce e più resta isolata, soffocata dentro come un vulcano che dorme. Vorrebbe esplodere e sommergermi come un fiume in piena ma non può farlo, come una bottiglia smossa dalla quale non è possibile togliere il tappo. Forse sono troppo diverso da tutti perché possa essere capito, o forse è solo colpa mia se non riesco a esternare quello che ho dentro. Comincio a credere di essere un folle, quasi un alieno, così almeno mi creo un alibi per giustificare questo mio giovane vivere, terribilmente e prematuramente invecchiato. Ho un disperato bisogno di vita, di giovinezza, di entusiasmo, d'amore. Con chi potrò aprirmi manifestando come sono dentro? Chi potrà veramente capirmi? Vorrei trovarti e finalmente gridarti con tutto il fiato che ho: "Ispirami, sconvolgimi, amami". E intanto cresce il terrore d'invecchiare e il desiderio di morire ancor prima di vedere il mio corpo mortificarsi con le prime rughe. Non potrei mai sopportare il tremendo contrasto tra l'immortalità del mio spirito che, nonostante tutto sembra che esista, e la debolezza del mio corpo in declino. Sono sicuro che dentro, resterò sempre un bambino mai cresciuto anche se avrò i capelli bianchi e conserverò intatta nelle pupille degli occhi, la stessa luce ch'emanavo da piccolo. Amo troppo la giovinezza e non posso fare a meno di sognare per potermene fare una ragione sulla vecchiaia che è uno stato del tutto naturale e, di conseguenza, accettarla con rassegnazione o addirittura giustificarla. Per me la vecchiaia resta il più grave e doloroso castigo che la natura scagli contro gli uomini. È più malvagia e terrificante persino della morte. Eppure devo ammettere che la mia solitudine e la mia tristezza, sono nate con me, le ho conosciute da giovane, almeno in questo, la vecchiaia non c'entra. Estraniato da sempre dalla vita, non avendo niente ed essendo di nessuno, ho scoperto man mano me stesso. La mia solitudine è simile ad un messaggio chiuso in una bottiglia e gettato in mare. Forse un giorno, quando non ci sarò più, leggendo queste mie accorate riflessioni, mi capirai e, scoprendo che valevo qualcosa, piangerai per me.
È quasi Natale orma ma non è più festa per me, ogni giorno è uguale all'altro. Io lo so che in paradiso non si può vivere per sempre, ma nei tuoi occhi l'infinito libera la mia mente, se potessi io ti raggiungerei dovunque. Sei tu che mi fai sognare, ridere, impazzire. Sei tu che mi dai il coraggio di ricominciare. Con te ci sarà ancora tutto da scoprire ed io so già che la mia vita cambierà colore. Ma tutto ormai appartiene al passato e sembra non avere futuro. Oggi cammino da solo per le strade ricche di addobbi natalizi, straniero anche per me stesso con la sola compagnia di lacrime che sanno di sale, non so dove vado né se sto vivendo. Mi sono guardato riflesso allo specchio la barba lunga, i capelli arruffati io sono cambiato sai ma si è abbruttito pure il tempo, non si vede più il sole. Quando l'aria si trasforma all'improvviso e la tramontana sale, è il mio cuore che mi chiede dove sei e proprio in quei momenti tristi, mi rendo conto che lunghe distanze ormai mi separano da te. Una sottile crescente malinconia allora mi prende sempre più e sembra che mi arrivi da lontano il calore della tua pelle, mi par di sentire il suono della tua voce, il ritmo regolare dei tuoi respiri sul mio petto. E mi lascio andare così alla dolce melodia di questi pensieri e dentro di me fra mille paure conservo ancora il tuo fuoco. Giuliana, io darei qualunque cosa per rivederti un solo istante, mi chiedo se è lo stesso anche per te. Con amore, tuo Claudio.
Ascolta... ragazza sperduta in quest'infinito. È notte. Ogni cosa intorno è spenta e tace. Nel silenzio dolcissimo altre sensazioni di un mondo totalmente sconosciuto ma intrinseco con i nostri giovani spiriti, vivono con suoni e colori in dimensioni parallele e niente è ciò che sembra. Attimo fugace, come un fiore che sbocciando muore, in questa notte t'amo per non amarti più. Noi due siamo come fantasmi nella notte, anime vaganti in cerca d'amore, muovendoci insieme, in trasparenza, candidamente invisibili, ci avviciniamo piano per non aver paura nell'oscurità. Noi due fantasmi nella notte, solitari astri dispersi nel grande firmamento lassù, senza tempo e senza storia, rapiti dall'oblio misteriosamente avvolti dalle tenebre, angeli di questa giovinezza. Magicamente lontani dal flusso impetuoso della multanime esistenza, noi due non avvertiamo più il battito sconfinato dell'infinito come orrenda solitudine e mistero interminabile. La realtà ci appare come un susseguirsi di fantasmi vuoti e meccanici, ed ogni residuo di tristezza si smarrisce del tutto o vibra remoto in un placamento soave. Ragazza sconosciuta, sei bella tra le ombre, sei più bianca della luna, il tuo viso brilla come una candela. Lascia questa mia mano che hai stretto così fugacemente questa notte. Alle prime luci dell'alba le nostre strade si divideranno per non ritrovarsi mai più. Abbiamo acceso un fuoco in noi che il vento della vita che fugge spegnerà presto. Non dimenticarmi ovunque sarai, io non ti dimenticherò ovunque sarò anche se resteremo per sempre fantasmi nella notte.