Scritta da: Silvana Stremiz

La mia vita, il mio canto

L'egual vita diversa urge intorno;
cerco e non trovo e m'avvio
nell'incessante suo moto:
a secondarlo par uso o ventura,
ma dentro fa paura.
Perde, chi scruta,
l'irrevocabil presente;
né i melliflui abbandoni
né l'oblioso incanto
dell'ora il ferreo battito concede.
E quando per cingerti lo balzo
-' sirena del tempo -
un morso appéna e una ciocca ho di te:
o non ghermita fuggì, e senza grido
nei pensiero ti uccido
è nell'atto mi annego.
Se a me fusto è l'eterno,
fronda la storia e patria il fiore,
pur vorrei maturar da radice
la mia linfa nel vivido tutto
e con alterno vigore felice
suggere il sole e prodigar il frutto;
vorrei palesasse il mio cuore
nei suo ritmo l'umano destino,
e che voi diveniste - veggente
passione del mondo,
bella gagliarda bontà -
l'aria di chi respira
mentre rinchiuso in sua fatica va.
Qui nasce, qui muore i! Mio canto:
e parrà forse vano
accordo solitario;
ma tu che ascolti, recalo
al tuo bene e al tuo male;
e non ti sarà oscuro.
Clemente Rebora
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Certezza del vero

    Sciorinati giorni dispersi,
    cenci all'aria insaziabile:
    prementi ore senza uscita,
    fanghiglia d'acqua sorgiva:
    torpor d'attimi lascivi
    fra lo spirito e il senso;
    forsennato voler che a libertà
    si lancia e ricade,
    inseguita locusta tra sterpi;
    e superbo disprezzo
    e fatica e rimorso e vano intendere:
    e rigirìo sul luogo come carte,
    per invilire poi, fuggendoli lezzo,
    la verità lontano in pigro scorno;
    e ritorno, uguale ritorno
    dell'indifferente vita,
    mentr'echeggia la via
    consueti fragori e nelle corti
    s'amplian faccende in conosciute voci,
    e bello intorno il mondo, par dileggio
    all'inarrivabile gloria
    al piacer che non so,
    e immemore di me epico armeggio
    verso conquiste ch'io non griderò.
    - Oh-per l'umano divenir possente
    certezza ineluttabile del vero,
    ordisci, ordisci dè tuoi fili il panno
    che saldamente nel tessuto è storia
    e nel disegno eternamente è Dio:
    ma così, cieco e ignavo,
    tra morte e morte vii ritmo fuggente, anch'io
    t'avrò fatto; anch'io.
    Clemente Rebora
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Il carro vuoto

      O carro vuoto sul binano morto,
      ecco per te la merce rude d'urti
      e tonfi. Gravido ora pesi
      sui telai tesi;
      ma nei ràntoli gonfi
      si crolla fumida e viene
      annusando con fascino orribile
      la macchina ad aggiogarti.
      Via del suo spazio assorto
      all'aspro rullare d'acciaio
      al trabalzante stridere dei freni,
      incatenato nel gregge
      per l'immutabile legge
      del continuo-aperto cammino:
      e trascinato tramandi
      e irrigidito rattieni
      le chiuse forze inespresse
      su ruote vicine e rotaie
      incongiungibili e oppresse,
      sotto il ciel che balzano
      nei labirinto dei giorni
      nel bivio delle stagioni
      contro la noia sguinzaglia l'eterno,
      verso l'amore pertugia l'esteso,
      e non muore e vorrebbe, e non vive e vorrebbe,
      mentre la terra gli chiede il suo verbo
      e appassionata nel volere acerbo
      paga col sangue, sola, la sua fede.
      Clemente Rebora
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Il Natale

        Gesù, il Fedele, il Verace, è il Giudice
        che prese a esprimere visibile
        nel giorno del Santo Natale
        l'inesprimibile misericordia del Padre:
        prese a raggiar malvisto nel voltò sublime
        la bellezza divina e materna compiendo:
        e nuovo incanto di beltà pervase
        con intimo fremito l'universo
        fra linee terrene presagio di Cielo
        per educarci lassù, al Paradiso;
        ma prima ancora la Bontà rifulse,
        accese d'esser buono il gran tormento,
        accese d'esser buono un vasto incendio
        che a somiglianza divina
        cresce e arde per ogni cuore
        in carità di Dio trasfigurato:
        cura d'una vita monda,
        sete d'innocenza,
        anelito di vergine scienza,
        e devota attenzione presso il Bimbo,
        attenzione devota al Fanciullo
        fatto emblema d'ogni cosa pura,
        sciolto problema d'ogni vita piena;
        e infine salvifico effetto
        sopra l'intero creato
        a salvare già qui tutto l'uomo,
        ciò che è nato nel mondo perituro
        e portarlo sicuro al giudizio;
        Gesù il Fedele,
        il solo punto fermo nel moto dei tempi, in sterminata serie di eventi:
        il solo Santo che non manca mai,
        che trascende dove ci comprende
        e si fa dono 'in cima ai nostri guai
        e pareggia la grazia coi perdono:
        vero Dio trasumanante
        e a Deità aperto vero Uomo:
        Egli, il Fedele per sempre,
        Maestro vivente di Fede,
        egli che viene a Natale in peccato
        per meritarci in maestà di gloria,
        continuo avvento al termine segnato:
        se non'invano passiamo il breve tempo
        come luce del Figlio Incarnato,
        come frutti di dolce consiglio,
        impegno amoroso di vita,
        di vita dei singolo unanime nel segno,
        vita raggiunta infinita,
        in beata circolazione
        dove l'impeto ta porta
        che ineffabilmente ovunque va non ritorna,
        ma In desìo del Padre universalmente procede,
        nel fulgore del fuoco
        tutti insieme gloriando
        quali figli di Dio,
        alleluiando ai Padre,
        al Tìglio e allo Spìrito Santo
        che universalmente procede,
        tutti insieme in gioco giocondo festando
        quali in gaudio rapiti figli di Dio
        nell'impeto che procede
        su per la multanime fiamma
        di fratelli nella Mamma Celeste,
        i Fratelli di Gesù il Fedele.
        Clemente Rebora
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          Gira la trottola viva

          Gira la trottola viva
          sotto la sferza, mercé la sferza;
          lasciata a sé giace priva,
          stretta alla terra, odiando la terra;
          fin che giace guarda il suolo;
          ogni cosa è ferma,
          e invidia il moto, insidia l'ignoto;
          ma se poggia a un punto solo
          mentre va s'impernia,
          e scorge intorno vede d'intorno;
          il cerchio massimo è in alto
          se erige il capo, se regge il corpo;
          nell'aria tersa è in risalto
          se leva il corpo, se eleva il capo;
          gira - e il mondo variopinto
          fonde in sua bianchezza
          tutti i contorni, tutti i colori;
          gira, e il mondo disunito
          fascia in sua purezza
          con tutti i cuori per tutti i giorni;
          vive la trottola e gira,
          la sferza Iddio, la sferza è il tempo:
          così la trottola aspira
          dentro l'amore verso l'eterno.
          Clemente Rebora
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            Dall'immagine tesa

            Dall'immagine tesa
            vigilo l'istante
            con imminenza di attesa -
            e non aspetto nessuno:
            nell'ombra accesa
            spio il campanello
            che impercettibile spande
            un polline di suono -
            e non aspetto nessuno:
            fra quattro mura
            stupefatte di spazio
            più che un deserto
            non aspetto nessuno:
            ma deve venire,
            verrà, se resisto
            a sbocciare non visto,
            verrà d'improvviso,
            quando meno l'avverto:
            verrà quasi perdono
            di quanto fa morire,
            verrà a farmi certo
            del suo e mio tesoro,
            verrà come ristoro
            delle mie e sue pene,
            verrà, forse già viene
            il suo bisbiglio.
            Clemente Rebora
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              Notturno

              Il sangue ferve per Gesù che affuoca.
              Bruciamo! Dico: e la parola è vuota.
              Salvami tutto crocifisso (grido)
              insanguinato di Te! Ma chiodo al muro,
              in fìsiche miserie io son confitto.
              La grazia di patir, morire oscuro,
              polverizzato nell'amor di Cristo:
              far da concime sotto la sua Vigna,
              pavimento sul qua! Si passa, e scorda,
              pedaliera premuta onde profonda
              sai fa voce dell'organo nel tempio -
              e risultare infine inutil servo:
              questo, Gesù, da me volesti; e vano
              promisi, se poi le anime allontano.
              Bello è l'offrir, quale il fiorire al fiore;
              ma dal sognato vien diverso il fatto.
              Padre, Padre che ancor quaggiù mi tieni,
              fa che in me l'Ecce non si perda o scemi!
              A non poter morire intanto muoio.
              Il sangue brucia: Gesù mette fuoco;
              se non giunge all'ardor, solo è bruciore.
              Maria invoco, che del Fuoco è Fiamma;
              pietosa in volto, sembra dica ferma: -
              Penitenza, figliolo, penitenza:
              prega in preghiera che non veda effetto:
              offriti sempre, anche se invan l'offerta;
              e mentre stai senza sorte certa,
              umiliato, e come maledetto,
              Dio in misericordia ti conferma.
              Clemente Rebora
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