La Luna nello specchio del comò guarda milioni di miglia lontano (e forse con orgoglio, a se stessa, ma non sorride, non sorride mai) via lontano lontano oltre il sonno, o forse è una che dorme di giorno. Se l'Universo volesse abbandonarla, lei gli direbbe di andare all'inferno, e troverebbe una distesa d'acqua o uno specchio, sul quale indugiare. Tu dunque metti gli affanni in un sacco di ragnatele e gettalo nel pozzo nel mondo alla rovescia dove la sinistra è sempre la destra, dove le ombre in realtà sono corpi, dove restiamo tutta la notte svegli, dove il cielo ha tanto poco spessore quanto è profondo il mare e tu mi ami d'amore.
L'arte di perdere non è difficile da imparare; così tante cose sembrano pervase dall'intenzione di essere perdute, che la loro perdita non è un disastro. Perdi qualcosa ogni giorno. Accetta il turbamento delle chiavi perdute, dell'ora sprecata. L'arte di perdere non è difficile da imparare. Poi pratica lo smarrimento sempre più, perdi in fretta: luoghi, e nomi, e destinazioni verso cui volevi viaggiare. Nessuna di queste cose causerà disastri. Ho perduto l'orologio di mia madre. E guarda! L'ultima, o la penultima, delle mie tre amate case. L'arte di perdere non è difficile da imparare. Ho perso due città, proprio graziose. E, ancor di più, ho perso alcuni dei reami che possedevo, due fiumi, un continente. Mi mancano, ma non è stato un disastro. Ho perso persino te (la voce scherzosa, un gesto che ho amato). Questa è la prova. È evidente, l'arte di perdere non è difficile da imparare, benché possa sembrare un vero (scrivilo! ) disastro.
L'arte di perdere s'impara presto; tante le cose col segreto intento di andare perse che non è un disastro.
Perdi una cosa al giorno. Con malestro accetta chiavi perse, un'ora al vento. L'arte di perdere s'impara presto.
Perdi di più, più in fretta; al peggio apprestati: luoghi e nomi e dov'è che avevi in mente di recarti. Non sarà mai un disastro.
L'orologio di mamma ho perso; e questa! Che è l'ultima di tre case nel niente. L'arte di perdere s'impara presto.
Ho perso due città, belle. E, più vasti, altri regni, due fiumi, un continente. Mi mancano, ma non è poi un disastro.
Anche perdere te (la voce, il gesto amato) non mi smentirà. È evidente: l'arte di perdere fin troppo presto s'impara e sembra (scrivilo! ) un disastro.