Sono. Sono presenza che s'avverte, che scorre labili tracce di un pensiero scandito in sillabe d'ala incerte, e segue, sospeso, il lungo sentiero che al respiro dello smeraldo sale su frasi di zolla intinte nel cielo, là dove tra l'Eterno e l'Uomo vale la stessa trama che intreccia il velo.
Porgendo alla Madre l'intonso stame, tesso l'attesa con petali di vita, nell'ordito fatto di latte e brame, e nell'arcano dell'indole avita. Spinge la terra il Virgulto radioso che stille di pianto tergon con cura, al dolce fondo del pane odoroso mettendo grazia, stupore e premura.
Guido la luce alla favola bella tornita d'oro in corone regali è mescolata a unguento di stella nel comporre greggi di lodi con ali. Stempero di bianco il tenue turchino, sì che di giglio si colori la notte e al primo giorno dell'Uomo m'inchino affinché disegni più salde le rotte.
Accompagnerò il tuo cuore attraverso la vita per quel che resta del Tempo Nostro, e ogni battito o discreta istanza sua, anche la più flebile e lontana, mi vedrà pronto a una risposta d'amore.
Perché ho inseguito l'altezza nel riverbero curvato del cielo, interrogato il vento che profumava in ampio stormo, e ho progettato messi gialle, fresche, adesso, nel carme della primavera; ho poi sbriciolato terra ancora assonnata e baciato il muschio, disciolto il male, assaggiato il glicine, così dolce nell'ora vespertina. Qualsiasi cosa s'intonava con gli orizzonti miei più belli; e tutto mi incoraggiava alla pronuncia del tuo nome.
Il baccanale preme contro le tempie che scansano a stento convitati di troppo. Elargisce fasto e oblio, mentre all'orlo d'una impura leggerezza s'imbelletta con cipria e frivolezze. È troppo acuto il frastuono sull'incudine dell'oro.
Oramai, posti in controluce, i sorrisi sobbalzano e ripiegano, dilatando il bianco di stucchevoli decori. Se il canone del divertimento forzato ridonda è perché manca l'insidia frastagliata del ricordo nel languido rituale d'una étagère di chincaglieria.
Eppure, poco basterebbe alla festa: il soffio rinato dell'antica carezza, passata tra i serici capelli dell'infanzia nostra, così trepida e vera dinanzi all'imminenza del Natale.