Per le vie oscure di boschi bruni, per mari spumosi e profondi di tanto peregrinar vado. A causa dell'amor veggo innanzi a me cader il tedio e la angustia umana dissolversi. La natura mi abbraccia come rami di vischio e bacche aulenti in questa vita lieve.
Tu mi osservi come estraniata ed io ti confido il mio abbandono a Dio. Disperso nel destino della vita, amaro come acerbi frutti di marzo ora sono, di vinta virtù audace e tu di pallido amor insieme andiamo pellegrini nella vita fuggiasca.
Uniti da un vincolo d'oro, che sfuma nel blu dei monti perpetui, nel cielo dipinto da angeli, giunti erriamo per le vie del dolore, nei terreni ricordi. Smarriti nella moltitudine umana di tutti i tempi, giace un bimbo avvolto in fasce.
La luce bianca di spazi immensi ci conduce al creato a vedere quel che dire non si può. Migliaia di persone, millesimi attimi di ogni vita, raccolti in una cesta. Ed io, stravolto nei sensi, in una spirale di vento vado a cercar riposo, fatto un dì di argilla, nella vita vetusta e breve.
Nelle corte giornate di settembre a cercar riposo per le vie si va, nel paese mele ed uva al sapor che da sotto le campagne sale, i frutti maturi anticipano il sottile autunno, il vento da nord scuote delle abitazioni le persiane ed i robusti campanili.
I camini accesi ai paesani dan conforto, mentre il vino si raccoglie ai piè dell'orto, un tempo a man, ora moderno è tutto. Non cessa la tradizionale messe, che contadini ancora con forconi per l'erba usano al nutrir dei buoi, le donne a casa portan i frutti dell'orto.
Le rondini lasciano le case, al riveder esse dan saluto, il freddo giunge, con piogge irriga i campi, ed il cielo incerto, nubi minacciose di qua e là l'arcobaleno dai sette colori schiude. Un romantico pittore forse mi vede correre in bicicletta da Novilara fino al mare, al tepore salmastro delle onde spumose, mirando quieto sto, su di una barca rossa in riva ad attendere la sera, penso gli altri altre cose fare nelle case, pioggerella invisibile cade.
Io sto tra quattro mura di un antico palazzo, circondato da arte e civiltà. In primavera volteggiano stormi di uccelli e piccioni, che sui tetti si posano e vanno.
Parto anch'io, lascio la terra, quando capisco che la vita è un volo. Perdo la materialità, vinco la storia con la mia radiosa personalità.
Il volo torna a terra, nel cielo un limpido arcobaleno, l'emozione di aver volato mi rende nudo, vestito di colori inconsci. Oro e rosso sono le bandiere del sole, bianco e blu della candida notte lunare.
Gente corre a raggiungere luoghi d'incontro, uomini e donne di oggi, deplorevoli, scaltri. Essi non comprendono la metà nascosta in ogni animo, che, dimenticato, esplode come un vulcano o un mare in tempesta.
La natura acerba e di umano inganno si acquieta all'uomo padrone, mentre fiori e piante splendono. Docili lumi filtrano al mattino dalle finestre. In piazze vuote e allegre fonti d'acqua ristorano i passanti, di là del paesaggio una valle tortuosa di monti, serpeggianti racchiudono il silenzio della civiltà decadente.
L'umanità logorata ed alienata dal tempo, derubata dal proprio agire, nell'intimo è percossa e dissoluta giace. La paura del mondo appartiene già all'infanzia, i piccoli sognano con braccia tese al cielo, fiocchi di neve si posano sulle loro membra, sul loro animo espanso, ed il brivido speranzoso della notte.
La speranza mai decade, la volontà di rivivere ci rende consapevoli di rinascere, dopo che le illusioni della vita si sono arrese alla Verità.