Signore non credo non credo eppure sono qui davanti inginocchiato Ah se sapessi mi piacciono le contraddizioni per poter restare me stesso Sono uno stupido non occorre che te lo dica il meno riuscito dei tuoi figli Sono brutto sono un fallito eppure non ho nulla da chiederti, non voglio miracoli per me, mi accontento che il sole mi dica buongiorno. Signore, non sono qui per fare la ruota come un pavone ma neanche per battermi il petto domandando perdono. Io sono solo un bambino che piange e arranca e fatica. Io muoio su una croce diversa mordendo i chiodi e spingendo i piedi verso il basso a sentire l'erba che cresce.
Poteva capitare anche a te nascere in un pentolone tra rospi e intrugli di streghe senza processo e il dolore grande di una madre. Io mi sono trovato a passare da quelle parti.
Noi inchiodati qui a scrivere poesie. So che questa non è poesia. È la storia di un treno. So che su quel treno c'erano un barbone un emigrante un operaio una studentessa un padre di famiglia. So che il barbone ha la mia età senza denti senza capelli e ride e piange e non va da nessuna parte e non ha nessuna valigia. So che l'emigrante ha cinquantatré anni e viene dalla Germania. So che va in Sicilia e nella valigia una stecca di cioccolata. So che l'operaio lavora all'Alfa Romeo. So che ha quarantadue anni nella valigia l'ultima busta paga. So che la studentessa è molto bella e ha diciassette anni. So che va a vedere Roma, nella valigia la macchina fotografica. So che il padre di famiglia ha gli occhiali sessantadue anni un nipote a Bari e nella valigia "la cena per i suoi rondinini". So che stanno aspettando qualcosa e ridono e il treno ride e le valigie ridono e la democrazia nascosta sotto i binari come sempre ride. Bum.